(ASI) “Il suicidio di una detenuta di 55 anni, slovacca, nel carcere di Bologna, a cui aggiungere i 16 agenti penitenziari che, complessivamente, nelle ultime 48 ore, hanno subito aggressioni e violenze negli istituti, sono le due facce della stessa medaglia: l’emergenza carcere è sempre più acuta e non si intravede un’uscita”.
Così in una nota il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che annuncia dal 2 aprile prossimo l’inizio dello sciopero della fame e un tour tra le carceri italiane. “Non possiamo più limitarci ad esprimere cordoglio e rabbia. Almeno noi – aggiunge – vogliamo far sentire con tono fermo e forte tutta la protesta perché lo Stato non è in grado di garantire la vita delle persone che ha in custodia e del personale penitenziario che ogni giorno rischia la vita nel servizio. Continuiamo a leggere dai media che c’è chi continua a chiamare i suicidi dei detenuti “tragica fatalità”. Non c’è purtroppo più nulla di fatalità. Altrimenti – continua Di Giacomo – si abbia il coraggio di dare ragione al Ministro Nordio quando ha parlato di suicidi come “questione irrisolvibile” e “malattia da accertare. Una situazione che rafforza l’allarme lanciato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’esigenza di assistenza sanitaria dentro agli istituti penitenziari che è una esigenza diffusa, ampia, indispensabile, la mancanza della quale – come ha detto il Capo dello Stato- fa sì che su di noi “ricadano esigenze e richieste” che non rientrano nei nostri compiti e nelle nostre funzioni. Mattarella è rimasto l’unico rappresentante istituzionale a chiamare le cose con il proprio nome e a richiamare il compito delle altre istituzioni: dal sovraffollamento carcerario, alle carenze di organico. Confidiamo nel suo impegno e pertanto alzeremo il tono della mobilitazione con lo sciopero della fame e il tour delle carceri programmato. Almeno noi non ci stiamo perché lo Stato ha la responsabilità delle persone che ha in custodia e la responsabilità di garantire condizioni di lavoro accettabili per i suoi servitori”.