(ASI) Lettere in redazione, riceviamo e pubblichiamo. Di fuoco il comunicato che l'ANPI laziale ha reso noto in occasione del 34^ anniversario della strage di Acca Larentia, atto criminale che nel quartiere Tuscolano vide morire, neanche ventenni, tre militanti del Fronte della Gioventù. Secondo quanto riportato dalla nota dell'associazione che raccoglie gli ex partigiani comunisti (socialisti, liberali e repubblicani sono iscritti ad altre meno conosciute sigle), la ricorrenza mette a rischio la sicurezza della capitale, alimentando l’odio politico (Corsera, 3 Gennaio 2012).
Non si riesce a comprendere come una celebrazione funebre possa alimentare odio tra opposte fazioni e per quale motivo l'ANPI tenti di ostacolare ogni tentativo di tutela del ricordo di giovani vite spezzate durante la triste stagione degli Anni di Piombo.
Assassini mai catturati coloro che, nella sera del 7 Gennaio 1978, aprirono il fuoco contro la sezione di via dell'Acca Larentia nel quartiere Tuscolano. Un'esecuzione in piena regola contro ragazzi indifesi ed impossibilitati a difendersi poiché sorpresi appena dopo la chiusura dello stabile nel quale si riunivano.
Vittime ancora nel fiore degli anni, falciate prima ancora che dalle mitragliette della sinistra estrema da un odio di classe e umano che l'ANPI pare non voler riconoscere, concentrandosi invece sul tentativo di bloccare pacifiche manifestazioni che mai hanno causato scontri o violenze.
Non importa dunque che gli assassini siano ancora in libertà o che le famiglie dei tre attivitsti attendano ancora giustizia: per l'associazione dei partigiani comunisti fondamentale è ostacolare e cancellare la memoria. Una manovra politica quella dell'ANPI che, nella medesima nota, contesta a Gianni Alemanno, sindaco della Capitale, la proposta di intitolare una via a Giorgio Almirante, ex segretario del MSI deceduto nel 1987 e membro del gabinetto della RSI.
Manovre politiche, dicevamo, che denotano ormai una forte perdita di presa sul passato del nostro Paese.
Misfatti, violenze, prevaricazioni di partigiani e militanti comunisti durante e dopo la guerra sono note a tutti (in realtà anche da molto tempo), grazie anche all'impegno di scrittori, ricercatori e giornalisti coraggiosi quali Beppe Fenoglio, Giampaolo Pansa, Marcello Marcellini e Pietro Cappellari. Pagine buie che non verranno facilmente dimenticate dagli italiani i quali, tra cinquant'anni, parleranno con orgoglio della resistenza militare di Cefalonia, di Porta San Paolo, di Monte Lungo, ridimensionando il ruolo di fazioni armate ideologizzate e fanatiche, responsabili di omicidi gratuiti ed impegnate a combattere non per la Libertà, ma per gli interessi di un partito fedele a Mosca e a Stalin.
Lettera firmata
*Nota
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