"I sospetti di una scalata libica a UniCredit sembrano rivelarsi sempre più fondati: dall'accertamento in corso commissionato a Ranieri de Marchis del controllo interno, risulterebbe infatti che la quota di Gheddafi ammonta al 12,5%, cioè quasi tre volte in più del tetto dei diritti di voto.
Se l'uscita di Profumo fu dovuta proprio all'affaire Libia, ora il cda ha il dovere di imporre una svolta, non solo nella trasparenza degli investitori ma anche nel rapporto con i consumatori". Elio Lannutti, Capogruppo Idv in Commissione Bilancio al Senato, commenta così gli sviluppi sui collegamenti tra Libia e UniCredit.
Prosegue il senatore: "La disastrosa gestione dell'ex ad Profumo ha costretto la banca a ricorrere ad un'iniezione di capitali stranieri per continuare ad operare: se in un mercato globalizzato sono fisiologici investimenti esteri, l'influenza di uno Stato poco democratico e antioccidentale quale la Libia desta molte preoccupazioni perché confligge di certo con gli interessi di risparmiatori, azionisti, consumatori e utenti dei servizi bancari già particolarmente vessati e tartassati da UniCredit".
"Il sistema bancario italiano deve garantire condizioni migliori ai consumatori, mentre invece i costi di gestione e utilizzo dei conti correnti sono tra i più elevati del mondo. Confidiamo - conclude Lannutti - che le banche italiane inizino ad operare non per meri fini di speculazione internazionale, ma con attenzione al territorio per sostenere lo sviluppo e la ripresa economica garantendo l'accesso al credito a chi ne ha bisogno e non ai soliti nomi, ossia a quegli 'amici degli amici' Ligresti, Zalesky e Zunino".
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