Lodo Moro, Mollicone (Intergruppo "La Verità Oltre Il Segreto"):  Governo desecreti atti per trovare verità  su stragi del dopoguerra. Urge verità al di là delle parti

(ASI) "Lo scoop di Romoli sul Riformista relativamente alle mancate misure di sicurezza nel giorno dell’attentato della Sinagoga di Roma del 1982, e la relativa conoscenza da parte dei nostri servizi di sicurezza, ha aperto la necessità di chiarire aspetti opachi della storia italiana. Il Copasir adotti ogni necessaria iniziativa per dare trasparenza alla vicenda.


Chiediamo di togliere il segreto di Stato dagli atti relativi al Lodo Moro per arrivare a fare chiarezza sull’attentato a Fiumicino, sulla strage della Sinagoga di Roma del 1982, Ustica, Bologna e sullo stesso rapimento di Moro. - dichiara in una nota il presidente dell'Intergruppo "La verità oltre il segreto", deputato Federico Mollicone - Tra il 1953 e il 1989, nel periodo storico definito «guerra fredda», l’Italia è stata terreno di scontro tra le grandi potenze mondiali interessate al ruolo strategico della nostra nazione e alle sue peculiarità sociali.
Da qualche mese ha iniziato il proprio iter parlamentare alla Camera dei Deputati la proposta, a mia prima firma ma voluta dall’Intergruppo parlamentare “La verità oltre il segreto”, volta a istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con le stragi avvenute dal 1953 al 1989 e sulle attività svolte da servizi segreti nazionali e stranieri a tale riguardo.
Sulle stragi non dobbiamo accontentarci di una qualunque verità, ma dobbiamo ricercare la verità storica, oggettiva e definitiva. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari, ma soprattutto a tutte le vittime del terrorismo italiano. Il “Lodo Moro” è il patto segreto e allora inconfessabile, dalla stretta attualità, per cui l’Italia era sì alleata inserita nel contesto delle alleanze politico-militari occidentali ma si teneva al riparo da attentati da parte del mondo arabo con questo patto stipulato con i palestinesi dal Colonnello Stefano Giovannone, capo centro di Beirut dei servizi esteri italiani, soprannominato “Il Maestro” per la sua bravura nella tessitura di accordi, di diretta connessione con Aldo Moro. Patto a cui fa riferimento indiretto anche lo stesso Aldo Moro nelle lettere dalla prigionia indirizzate a Piccoli e Cottafavi.
La parziale declassificazione di un documento di Giovannone del 27 giugno 1980, infatti, segnalava la probabilità di «una situazione di pericolo a breve scadenza», parlando di «due operazioni da condurre in alternativa contro obiettivi italiani: dirottamento di un Dc9 Alitalia» od «occupazione di una ambasciata», a seguito di colloqui con una fonte di fiducia. Nella relazione sull’attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro si legge: «una delle principali acquisizioni è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione “mediterranea” della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese. Gli approfondimenti sul ruolo dei movimenti palestinesi e del centro SISMI di Beirut hanno consentito di gettare nuova luce sulla vicenda delle trattative per una liberazione di Moro e sul tema dei canali di comunicazione con i brigatisti, ma anche di cogliere i condizionamenti che poterono derivare dalla collocazione internazionale del nostro Paese e dal suo essere crocevia di traffici di armi con il Medio Oriente, spesso tollerati per ragioni

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