Sassoli elogia i 750 milardi della BCE. Ma i prestiti di questa banca privata ci indebitano, l'unica via di uscita dalla crisi è ripensare e annullare il percorso che ci ha portato all'annullamento completo della sovranità monetaria italiana: due tappe fondamentali di questo processo, 1992 e 2002.
(ASI) ll Presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha commentato con toni molto positivi la decisione della BCE di mettere a disposizione degli Stati dell’UE 750 miliardi per contrastare l’epidemia del Coronavirus: cifra a cui – ha continuato Sassoli - potrebbero aggiungersi altri 500 miIiardi da incamerare dal Fondo Salva Stati, il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Saremmo di fronte – ha dichiarato Sassoli - a “la più grande dimostrazione di potenza della solidarietà europea”.
In realtà – a parte che nell’ambito del finanziamento compare anche “la ricerca nell’individuazione di un vaccino efficace”, il che è punto programmatico corretto, che però l’ISS potrebbe ben svolgere con alle spalle un governo e un potere pubblico diversi - c’è in generale ben poco di positivo nella svolta acclamata da Sassoli: ad esempio, bisogna vedere come saranno ripartiti i fondi tra i diversi paesi (verrà confermato l’abituale predominio di Francia e Germania sugli altri stati membri?).
Inoltre e soprattutto il finanziamento è un prestito destinato ad aumentare ulteriormente il nostro debito pubblico, e nei confronti di una banca centrale europea privata per nulla controllata dagli Stati UE in base al trattato di Lisbona: il che vorrà dire che per adesso riceviamo un beneficio (tarato nel senso appena già detto), ma che d’ora in poi l’Italia sarà gravata da un ulteriore balzo in avanti del Debito, che ha raggiunto ormai 2443 miliardi di Euro al 31 gennaio 2020. Non si esce da questo tunnel se non si cambia strada, se non si torna indietro per abrogare quei criminali decreti che hanno indebolito il ruolo dello Stato – beninteso, secondo un modello misto Privati-Stato – nell'economia italiana, anche e soprattutto nella banca centrale. Avvenne nel luglio 1992, decreto 333: a notte fonda, in un Consiglio dei Ministri ormai semideserto, Giuliano Amato decise in 4-5 righe la privatizzazione degli Enti statali (ENEL, ENI …) e dell’intera industria di Stato, l’IRI, comprese le BIN al suo interno – le Banche di interesse nazionale - e dunque della stessa Banca d’Italia di cui anche esse BIN facevano parte. Quel decreto fu il complemento, la base economica di Tangentopoli, “una rivoluzione” non a caso elogiata da Guy De Rotschild nel giugno del 1993 su Corriere della Sera. O si ripensa e si corregge questo delinquenziale periodo storico che ha assassinato la Prima Repubblica, la Repubblica italiana di De Gasperi, Gronchi, Vanoni, Mattei, Moro e Craxi, oppure l'Italia andrà sempre più a fondo. E si noti: mentre le privatizzazioni nel settore industriale, parcellizzate in una miriade di piccoli azionisti, avrebbero inciso meno sui processi messi in atto, nel caso dei poteri bancari e della Banca d'Italia, la privatizzazione fu immediata. Dopo il 1992 lo Stato non controllava assolutamente più nulla nel Palazzo Koch di Via Nazionale. Il colpo di mano più grave subito dalla Repubblica nel 1992, l'anno del panfilo Britannia, del Seminario di Soros sulle privatizzazioni a bordo di quella imbarcazione, “protetta” in acque territoriali italiane da una nave da guerra inglese, la Battle-Axe, davanti a Civitavecchia dove era ancorato il Britannia.
Prof. Claudio Moffa