(ASI) Genova - “Il mare è una risorsa preziosa, che offre grandi opportunità, e come tale va difesa. Come Sottosegretario all’Ambiente ho la fortuna di avere la delega alla tutela del mare e di poter lavorare in un momento in cui l’ambiente in generale, e la salvaguardia del mare in particolare, sono tornate al centro dell’azione di Governo.”

Con queste parole il sottosegretario di Stato all’ambiente on. Salvatore Micillo ha inaugurato questa mattina a Genova i quattro giorni di Slow Fish, l’evento internazionale dedicato al pesce e alle risorse del mare, organizzato ogni due anni da Slow Food e Regione Liguria con il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Comune di Genova e con il sostegno della Camera di Commercio di Genova.
Nel pomeriggio la manifestazione ha ospitato il primo evento in calendario della campagna #IoSonoMare, in cui è stato presentato lo stato complessivo dei mari italiani come emerge dalle indagini del programma di monitoraggio svolto dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con ISPRA e le 15 ARPA costiere, in attuazione della Direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino.
“Vogliamo raccontare ai cittadini lo stato del mare e quanto lo Stato fa per il mare – spiega Micillo – proprio perché il mare è bene comune e i dati sul suo stato di salute devo essere patrimonio della collettività, oltre che un punto di partenza per delineare le politiche future”.
“I risultati del programma di monitoraggio “Strategia Marina" rappresentano un vero e proprio punto zero” commenta Irene Di Girolamo, referente ambiente marino dell’ufficio del sottosegretario Micillo. “I dati che sono emersi dalle indagini condotte dal 2015 al 2017 e che sono ora disponibili nella banca dati di ISPRA, costituiscono la fotografia dello stato del nostro mare. Al termine del secondo ciclo di analisi, nel 2020, potremo fare un vero confronto e capire se le misure individuate hanno dato risposte sulla qualità degli ambienti marini del nostro Paese”. Come previsto dalla direttiva, infatti, ogni Paese ha stabilito un programma di misure per raggiungere il buono stato ambientale nei propri mari. Diverse delle misure introdotte dall’Italia sono finalizzate a sensibilizzare i cittadini sul tema dei rifiuti.

Sono stati illustrati alcuni dei dati più interessanti emersi dal programma di monitoraggio “Strategia Marina “: quelli sulle specie aliene e I rifiuti.

Specie aliene:
Al 2018 sono state calcolate 263 specie non indigene nelle acque italiane, di cui il 68% ha stabilito popolazioni stabili lungo le nostre coste. “Questo dato ci dice che la bioinvasione nel Mediterraneo è in costante aumento e, per quanto riguarda le specie provenienti dal Mar Rosso, il cambiamento climatico ha avuto un effetto determinante, sia attraverso la modifica delle correnti, che hanno consentito l’arrivo di queste specie dai mari orientali, sia rendendo l’ambiente più favorevole a specie tropicali” aggiunge Franco Andaloro, esponente del Comitato scientifico di Slow Fish. “Quindi se da un lato si riducono le specie introdotte volontariamente dall’uomo con l’acquacoltura, dall’altro aumenta la migrazione di quelle che arrivano attraverso il canale di Suez. La conservazione dell’ambiente è essenziale in quanto si è evidenziato che le specie aliene sono meno presenti in ambienti sani e protetti”. Un tema, questo, analizzato anche all’interno del programma di Slow Fish, dove cuochi e pescatori si confrontano e raccontano come stanno cercando di trasformare un problema in una risorsa. “È infatti importante un loro utilizzo alimentare per limitarne la diffusione”, conclude Andaloro.

Rifiuti:
Grazie al monitoraggio effettuato e presentato oggi a Genova, è possibile avere una prima base di riferimento sulla quantità dei rifiuti marini. Tra le aree, monitorate due volte l’anno, troviamo le spiagge, le stazioni di profondità, la superficie marina e gli esemplari di tartarughe spiaggiate e successivamente analizzate. “Ne emerge un quadro significativo” commenta Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico di Slow Fish. “Con una media di 777 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari. La plastica - incluse bottiglie, sacchetti, cassette in polistirolo, lenze da pesca in nylon - emerge come il materiale più abbondante con una percentuale dell’80%”. Tra i 10 e gli 800 metri di profondità la media degli oggetti per km quadrato passa da 66 e 99: anche qui la plastica è il materiale predominante con il 77%, rappresentata da buste, involucri per alimenti e attrezzi da pesca.
“Significativa soprattutto la densità dei microrifiuti plastici inferiori ai 5 mm ritrovati sulla superficie marina, che è di 179.023 particelle per km quadrato” continua Greco. “Questo ci fa riflettere soprattutto sull’incuria che abbiamo avuto nei confronti del mare in passato, perché queste particelle sono il risultato della frammentazione di tutto ciò che abbiamo gettato indiscriminatamente pensando che il mare fosse la nostra discarica naturale”. Basti pensare infatti che i tempi di degradazione in mare per le bottiglie di plastica sono stimati in 500-1000 anni, mentre passiamo a 20-30 per i bastoncini cotonati e a 10-20 anni per le buste di plastica. Rifiuti, lo sappiamo, che hanno conseguenze sullo stato della biodiversità marina, pesci e tartarughe in primis. Dall’analisi di 150 esemplari di tartarughe Caretta caretta spiaggiate è emerso che il 68% presentava plastica ingerita”. “Diversamente da quanto atteso, l’80% dei rifiuti plastici spiaggiati censiti nelle spiagge risulta derivare dai fiumi, mentre il 20% è scaricato direttamente in mare. Dato, questo, che dovrebbe farci riflettere in merito al fatto che la cura dei mari comincia dai nostri comportamenti a terra “ continua Greco.
“Il marine litter è un problema serio, con gravi ripercussioni anche sulla catena alimentare, e dai dati del monitoraggio marino discussi oggi capiamo la portata del problema. Il 4 aprile scorso è stata approvata in Consiglio dei Ministri la legge Salva Mare che ci aiuterà a salvare i nostri mari dal disastro ambientale a cui li stavamo condannando. Finalmente i pescatori potranno portare a riva tutta la plastica pescata (il 50% del pescato), che fino a oggi erano costretti a ributtare in acqua, aiutandoci a ridurre la presenza di rifiuti in mare. I pescatori che diventeranno “spazzini” del mare potranno avere un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta” le conclusioni del sottosegretario.

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