(ASI) Taranto - Fra il 10 e il 13 settembre i dipendenti dell'Ilva saranno chiamati a votare il nuovo accordo fra il governo, i sindacati e la cordata Arcelor Mittal, che da 15 mesi ha annunciato la volontà di acquistare lo stabilimento siderurgico di Taranto. Il 15 settembre, se l'esito del voto interno sarà positivo, partirà ufficialmente la nuova gestione.
Il 6 settembre, dopo 18 ore di trattative, il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) aveva avuto il via libera del ministro Luigi Di Maio, quando alle 8:11 del mattino i termini dell'accordo fra le parti erano stati definiti. Francesca Re David di Fiom-Cgil, Marco Bentivogli di Fim-Cisl e Rocco Palombella di Uilm hanno mostrato soddisfazione per le 10.700 assunzioni con articolo 18 garantite da Arcelor Mittal Investco sui 13.522 lavoratori totali. Fra il 2023 e il 2025 saranno assorbiti perfino tutti gli esuberi con un piano di esodi incentivati da 250 milioni investiti dal Mise. Questo elemento non era stato ottenuto nelle precedenti trattative dall'ex ministro Carlo Calenda, tanto da far rivendicare al M5s anche una vittoria politica.
Allo stesso tempo, l'accordo trovato non è privo di ombre. Per tanti cittadini di Taranto, fra i quali molti elettori del M5s, questa scelta del governo legastellato rappresenta una delusione, dopo una lunga campagna elettorale in cui i pentastellati avevano promesso la chiusura dello stabilimento, per via dell'incapacità di far fronte al problema ambientale. Con l'ultima intesa le emissioni di polveri saranno limitate nonostante le oltre 6 tonnellate di acciaio prodotto, mentre la copertura di metà del parco minerale, vicino al quartiere Tamburi di Taranto, sarà anticipato dal 2020 ad aprile 2019.
Una soluzione che a molti non basta, tanto da giustificare le contestazioni contro la deputata M5s Rosalba De Giorgi.
Di fatto, il tema della sostenibilità ambientale è sostenuto finora solo dalle promesse di Aditya Mittal, capo della cordata di acquisto: «Non vediamo l'ora di dare inizio alla nuova gestione, lo stabilimento ha bisogno di investimenti immediati in termini operativi e ambientali».
Aspetta con molte riserve il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, per il quale non ci sono garanzie che un intervento green venga effettivamente realizzato.
Luca Bianchi, direttore di Svimez, l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, è più ottimista e parla di svolta politica nell'esecutivo gialloverde: «Il movimento di Grillo ha promesso per anni la chiusura dei siti industriali inquinanti, promettendo un mondo fatto di agricoltura e turismo. Ora hanno fatto dei calcoli e si sono accorti che l'Ilva e il suo indotto valgono 3,1 miliardi l'anno del Pil del Paese. Il nuovo accordo genera 51mila posizioni lavorative, 42 mila solo in Puglia, e promuove la nuova interdipendenza economica fra nord e sud. Resta solo la componente dell'ecosostenibilità, ma nel salvataggio dell'Ilva si incarna la scelta di un governo pragmatico, che inizia a rendersi conto dell'importanza del tessuto industriale nazionale, dando meno importanza ai soliti slogan».
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia