(ASI) La nascita, la crescita e lo sviluppo del danno esistenziale sono stati temi che hanno occupato gli operatori del diritto per tutto il periodo compreso tra gli anni novanta e la fine della prima decade del nuovo millennio.
Con la pubblicazione delle sentenze delle Sezioni Unite nel 2008, sembrò che il danno di nuovo conio avrebbe dovuto dire addio al terreno del risarcimento, in quanto gli ermellini, argomentando sulla bipartizione tra patrimoniale e non patrimoniale, decisero che all’interno di quest’ultimo, non poteva parlarsi di molteplici voci distinte. In pratica, il danno esistenziale non poteva aggiungersi al danno morale e al danno biologico, perché tutti ricompresi nella non patrimonialità.

Dopo un’iniziale fase di sconcerto, la stessa Cassazione, non paga della decisione, forse un po’ troppo tranchante, tornò sull’argomento, decidendo per un rientro dalla finestra del pregiudizio esistenziale. Oggi, a quasi cinque anni dal ritorno di questa tanto amata voce di danno, il panorama risulta essere più chiaro, anche se gli interpreti meno accorti sono portati a fare confusione e a ricordare solamente la dipartita del pregiudizio e non la sua resurrezione.

 Ma facciamo un poco di chiarezza. Nel nostro ordinamento, prima dell’ingresso del tema di cui ci occupiamo, chiunque avesse sùbito un pregiudizio poteva ottenerne ristoro su due fronti, quello patrimoniale e quello non patrimoniale. Per quanto riguarda il primo possiamo dire che si tratta di ottenere il risarcimento del lucro cessante e del danno emergente. Il danneggiato dovrà provare che alcuni suoi beni sono stati distrutti o danneggiati e che dovrà spendere del denaro per ripararli o smaltirli, che dovrà sborsare delle somme per curarsi, per accertamenti diagnostici, per protesi etc. Mentre dovrà dimostrare che a causa del sinistro perderà del denaro per i motivi più disparati come, per esempio, perché non potrà più svolgere quel lavoro, non potrà ospitare quel gruppo di turisti nei locali rovinati etc. Per ciò che concerne il secondo, ovvero il danno non patrimoniale, siamo di fronte ad un pregiudizio da valutare in via equitativa. Chi ha subito il danno non potrebbe, neppure volendo, dimostrare analiticamente quanto vale il suo pregiudizio, perché ha a che fare con beni immateriali ed insuscettibili di immediata valutazione economica. Parliamo della salute, dell’onore, degli affetti, della riservatezza e così via. In questo àmbito la giurisprudenza è stata da sempre impegnata a quantificare i suddetti disvalori, per consentirne il ristoro nei confronti dei danneggiati.

In Italia, parlare di non patrimonialità del pregiudizio, significa riconoscere pregevoli di tutela quei diritti nascenti dalla legge e, in modo particolare, dalla Costituzione. Ecco, per esempio, che l’art. 32 della nostra Carta, sancisce il diritto alla salute, fondamento della garanzia a fronte del danno biologico. L’art. 2059 del codice civile in raccordo con l’art. 185 del codice penale, da sempre, ha consentito il risarcimento del cosiddetto danno morale soggettivo, ovvero quelle sofferenze che la parte lesa è costretta a subire inevitabilmente quanto è vittima di un reato o di un atto illecito. Gli stessi articoli sono letti in orientamento costituzionale e consentono la riparazione di ogni violazione della nostra Legge fondamentale. Ecco che si parla, quindi, di danno esistenziale quando il fatto dannoso va a colpire diritti fondamentali della persona e compromette, per esempio, le relazioni affettive, le condizioni di vita quotidiana e i rapporti familiari. Non ogni lesione del diritto produce danno, come ci insegna la giurisprudenza più accorta, che rifiuta i danni in re ipsa, quei danni cioè, che si vuole nascano non appena viene violato un diritto. Per esserci riparazione si vuole che esista una compromissione che abbia procurato un danno, una conseguenza dannosa per il soggetto che la subisce. Se, ad esempio, vado addosso con la mia macchina ad una persona e la scaravento a terra, avrò certamente violato il suo diritto di circolare liberamente, ho certamente messo in pericolo la sua salute ma se, alla fine di tutti gli accertamenti, ella non riscontra malattie, non potrà richiedermi i danni, perché nessun pregiudizio si è verificato.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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