(ASI) Roma - "A proposito di perdita dei posti di lavoro, qualche giorno fa ho assistito alla solita scontata esternazione televisiva sui mali indotti dai prodotti, alimentari e non, importati dall’estero anziché prodotti in casa nostra, nell’ambito delle ricadute sull’ecologia e sulla “sostenibilità globale” oggi tanto in voga.

Il noto opinionista sostiene che più lontano si acquista e più carburanti si bruciano nel trasporto con il relativo inquinamento: come scoprire l’acqua calda! Sono decenni che sosteniamo l’importanza di consumare prodotti italiani, che abbiamo in abbondanza, di mantenere le attività produttive nel Bel Paese, per quello e tanti altri motivi, non ultima la questione dei livelli occupazionali. All’indomani dell’anniversario del 28 ottobre, tale riflessione è anche un doveroso riconoscimento a Chi, quasi un secolo fa, aveva già intuito la rilevanza di tali argomenti per la sopravvivenza stessa della Nazione Italia, al contempo mettendo al centro della società l’uomo e la sua dignità. Ma oggi c’è l’Unione Europea che stipula accordi con paesi africani e del Medio Oriente, mortificando la produzione agricola dell’Europa mediterranea, ci sono le multinazionali con l’unico obiettivo di incrementare gli utili, c’è il buonismo immigrazionista, c’è la globalizzazione e la moda delle delocalizzazioni nella prospettiva di ridurre il costo del lavoro, magari sfruttando i poveri malcapitati senza tutele e garanzie sociali dall’altra parte del mondo. Il risultato è quello di portare la produzione e il lavoro all’estero, lasciando agli immigrati quel che rimane della richiesta di mano d’opera nostrana, mentre gli Italiani, dai giovani laureati ai pensionati, sono costretti a cercare fortuna e condizioni di vivibilità altrove. Poco importa poi se, fra gli effetti “collaterali” delle importazioni ci siano l’inquinamento e il riscaldamento globale. I nostri governanti, del resto, in forza anche del “diktat” del 1947 imposto dai “vincitori” e di tutti i provvedimenti o trattati consequenziali, sono da allora impegnati a ottemperare i desiderata dei padroni del vapore, cedendo il suolo italico per le basi Nato e lo sfruttamento di acque territoriali (come accaduto in Sardegna a favore della Francia), nonché rinunciando alla sovranità nazionale a favore della triade BCE-UE-FMI. Ora, infine, anziché spendere tempo, energie e risorse in leggi e provvedimenti inutili o dannosi, come la proposta di divieto della “propaganda fascista” o quella sullo “jus soli”, chi può, ma soprattutto deve, legiferare, si preoccupi di come riportare e mantenere in Italia le attività produttive, promovendo incentivi e contemporanei deterrenti per le importazioni, anziché rincorrere i fantasmi del passato o pericolose utopie. Si può anche trarre insegnamento da ciò che di buono fu fatto in passato, rinunciando con un po’ di umiltà a invidia e presunzione, senza paura di riproposizioni impossibili in un contesto storico-culturale completamente cambiato e in continuo mutamento, ma nel quale la forza lavoro è sempre più sostituita da macchine e automazione, con la dignità umana spesso calpestata e umiliata da un divario inaccettabile fra ricchezza e povertà, a dispetto delle conquiste di civiltà tanto celebrate.". E' quanto dichiarato da Roberto Bevilacqua del Movimento Sociale Fiamma Tricolore.

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