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Lavoro: CGIL, ridurre precariato, deve costare di più
(ASI) Ridurre a quattro le forme di lavoro diverse dal tempo indeterminato, aumentare i costi del lavoro precario per diminuirne il potere attrattivo da parte delle imprese, assunzione dei finti part time e dei finti stage, estensione anche a tutti i giovani precari del sistema attuale degli ammortizzatori sociali. Sono alcune delle proposte che la CGIL rilancia in vista dello sciopero generale del 6 maggio e in relazione alla manifestazione dei precari di domani. “E' insopportabile il fatto che ormai l'80% delle nuove assunzioni avvenga attraverso forme di lavoro precario - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale della CGIL, con delega ai problemi dell'occupazione - è anche questo un indice di una bassa qualità del sistema produttivo, ma  soprattutto è la dimostrazione che il lavoro viene ormai considerato solo come un fattore di costo. Meno costa e meglio è e meno costa e più facile diventa liberarsene”.

La CGIL, spiega il dirigente sindacale, ha una sua proposta specifica, sia in termini di politiche del lavoro sia in termini di nuovi strumenti di welfare. “Bisogna intervenire contemporaneamente su almeno tre piani - dice il sindacalista della CGIL - sul piano legislativo è necessaria una riduzione del numero delle forme di lavoro che vengono scelte sempre di più in base alla convenienza dei costi (dal lavoro a chiamata, ai vaucher, passando per i falsi stage e le false partite Iva)”. Secondo il sindacato di Corso d’Italia, sarebbe quindi necessario riportare a 4 le forme di lavoro (con causali precise e percentuali di utilizzo), oltre il tempo indeterminato, sapendo che per quanto riguarda i collaboratori, quando prestano più del 50% della loro attività per un unico committente devono essere assunti a tempo indeterminato. E sapendo anche che il part time sotto un numero minimo di ore diventa comunque lavoro precario.

Il secondo piano su cui intervenire è quello dei costi.. “Oggi il lavoro precario - spiega ancora Fammoni - costa meno di quello standard. Deve invece costare di più perché scarica sulle persone e sulla collettività rischi e oneri maggiori”. Il terzo piano di intervento riguarda il welfare da estendere per dare certezze di tutela a tutti i lavoratori. E anche su questo la CGIL ha avanzato una proposta specifica (vedi allegato). Per realizzare tutti questi obiettivi è necessaria una volontà politica e serve un rilancio del ruolo dei contratti e della contrattazione affinché “il lavoro - conclude Fammoni - non sia considerato più un puro fattore di costo, ma un valore sociale. L'esatto contrario cioè di quello che esiste oggi e di quello che propaganda il governo in carica. Intanto vedo con piacere che anche grazie alla manifestazione dei giovani precari l'assordante silenzio sulla precarietà si è rotto e molti ne parlano, ma non può essere che dal prossimo lunedì torni il silenzio”.

 

 
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