Referendum “No-Triv” del 17 Aprile: cosa si vota?

(ASI) Roma – Gli italiani saranno chiamati alle urne Domenica 17 aprile dalle ore 7.00 alle ore 23.00 per decidere sull’abrogazione del comma 17 dell’art. 6, relativo al DdL n. 152 del 3 aprile 2006 sulle normative ambientali. Potranno votare tutti coloro che avranno raggiunto la maggiore età per tale data, i quali dovranno presentarsi muniti di un documento d’identità valido al seggio di competenza. I residenti all’estero o coloro temporaneamente fuori dai confini nazionali, troveranno le informazioni utili al voto sul portale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (http://www.esteri.it/mae/it/italiani_nel_mondo/serviziconsolari/votoestero/referendum-17-aprile-2016-ulteriori.html ).

Il referendum “No-Triv” proposto dalle Regioni di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise coinvolgerà gli italiani su una tematica molto importante come l’ambiente in particolare la consultazione degli elettori sarà determinante per decidere se vogliono abrogare la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto le concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, possa rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

L’esito del referendum sarà valido solo se andranno a votare il 50% più uno degli aventi diritto al voto.

Il referendum è stato dichiarato ammissibile dopo che la Consulta ha riesaminato i referendum proposti ritenendo ammissibile solo uno su sei.

Nello specifico il quesito che gli elettori leggeranno il prossimo 17 aprile recita:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

L’Art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane. La legge stabilisce inoltre che gli impianti che esistono entro questa fascia possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione e che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento.

Il referendum dunque stabilisce la possibilità di permettere o no il proseguimento delle estrazioni per gli impianti che esistono già entro le 12 miglia (ca. 20km).

Ad oggi sono 21 le concessioni che si trovano entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane di cui una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia.

La legge prevede che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; al termine della concessione, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

Se al referendum del 17 Aprile dovesse vincere il SI, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere entro cinque o dieci anni. Fattore rilevante per il voto è l’incertezza dei dati in quanto nessun rapporto al momento ha calcolato quale percentuale di gas e petrolio viene prodotta entro le 12 miglia marine, né a quanto ammontano le riserve che si trovano in quest’area.

I critici verso le trivellazioni affermano che i fondali interessati non sono particolarmente ricchi di petrolio o gas metano, e che questa pratica danneggia la pesca, l’economia e soprattutto il turismo.

Nel caso dovesse vincere il SI, il referendum non modifica comunque la possibilità di compiere nuove trivellazioni o ricerche oltre le 12 miglia marine.

Il comitato promotore del SI è composto dai rappresentanti delle Assemblee Legislative di Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise,Puglia, Sardegna e Veneto, con la partecipazione del comitato nazionale "Vota Sì per fermare le trivelle", delle realtà associative e culturali, delle imprese della green economy, del turismo, dell'agricoltura e del settore del mare.

Legambiente una delle maggiori associazioni ambientaliste insieme al WWF, Greenpeace, e la rete NOTRIV, promotrici del Sì al Referendum afferma: “La scelta del governo di far votare gli italiani il 17 aprile comporta che i tempi per informare i cittadini sul referendum sulle trivellazioni in mare e sull’importanza del quesito siano strettissimi, ma ce la metteremo tutta per coinvolgere gli italiani in questa partita importantissima”

La rete del Coordinamento NO TRIV promotrice del SI al Referendum tramite un comunicato apparso sul proprio sito web (www.notriv.com) dichiara:

«Il voto del 17 Aprile è un voto immediatamente politico, in quanto, al di là della specificità del quesito, residuo di trabocchetti e scossoni, esso è l’UNICO STRUMENTO di cui i movimenti che lottano da anni per i beni comuni e per l’affermazione di maggiori diritti possono al momento disporre per dire la propria sulla Strategia Energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana».

(http://www.notriv.com/2016/02/26/perche-dobbiamo-votare-si-al-referendum-no-triv-del-17-aprile/ )

Il coordinatore del comitato NO TRIV e Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, afferma: “ il referendum non metterà a rischio nessun posto di lavoro. Anche per questa ragione faccio un appello ai parlamentari per chiedere di promuovere il referendum e mandare i cittadini alle urne”.

In contrapposizione ai Comitati del SI ci sono i Comitati per il No che assicurano i cittadini sulla questione relativa ai disastri ambientali, come quello avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico; la paventata possibilità di un disastro ambientale potrebbe verificarsi solo in caso di gravi malfunzionamenti degli impianti.

Il comitato “Ottimisti e razionali”, presieduto da Gianfranco Borghini, ex Segretario nazionale della FGCI, ex deputato del PCI e poi del PDS afferma che l’estrazione di gas e petrolio offshore è un modo sicuro di limitare l’inquinamento: l’Italia estrae sul suo territorio circa il 10% del gas e del petrolio che utilizza, grazie a questa produzione ha evitato il transito di numerose petroliere negli ultimi anni nei porti italiani.

Il fronte del NO, afferma inoltre che l’abrogazione dell’Art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, avrebbe delle gravi conseguenze sull’occupazione che impiega migliaia di lavoratori presso le piattaforme petrolifere.

Edoardo Desiderio – Agenzia Stampa Italia

 

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