I reati che hanno portato sotto processo Maffei sono presunte irregolarità legate all’iscrizione nel registro degli indagati di due ex colleghi, Paolo Albano procuratore capo a Isernia e Filomena Capasso.
L’intera vicenda nasce da un medico e dai presunti reati di falso e abuso d’ufficio che Maffei contestava appunto ai suoi colleghi.
Il pm Giancarlo Amato, responsabile dell’inchiesta ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di Mariano Maffei. Mentre, sempre il pm incaricato delle indagini, ha sostenuto che la denuncia nelle persone di Filomena e Capasso, è stata fatta senza la presenza di prove certe, sapendo tra l’altro che i due giudici non erano responsabili di quanto veniva loro contestato.
E proprio i due giudici hanno presentato a loro volta un esposto che ha permesso di indagare per calunnia ed abuso d’ufficio Mariano Maffei.
Maffei avrebbe violato l’articolo 335 del codice di procedura penale che consente l’iscrizione nel registro degli indagati riguardanti le effettive notizie di reato pervenute dalla polizia giudiziaria o acquisite di propria iniziativa dagli uffici della procura.
Per i giudici della procura di Roma, lo stesso Maffei avrebbe procurato un danno nei confronti di Paolo Albano. Sempre per i giudici di Roma, l’ex procuratore Maffei, avrebbe incolpato il suo ex collega Albano ben sapendo che quest’ultimo fosse innocente e senza una prova di reato a suo carico.
Oltre a questo vicenda che vede come protagonista Maffei, altre lo videro coinvolto in tempi non sospetti, quando il suo ufficio nella procura di Santa Maria Capua Vetere venne coinvolto per aver sottovalutato una serie di accertamenti investigativi, comprese delle intercettazioni, che coinvolgevano all’epoca dei fatti l’ex presidente della Provincia di Caserta Sandro De Franciscis. Stretto parente proprio di Mariano Maffei.
Davide Caluppi- Agenzia Stampa Italia