(ASI) Roma - Dare la possibilità ai comuni di autogestire i servizi pubblici relativi ai rifiuti, partendo dal presupposto che più la gestione è virtuosa meno si spende.
Oltre, ovviamente, ai vantaggi ambientali. È questa la richiesta del Movimento 5 Stelle in un'interrogazione a risposta scritta (a prima firma alberto Zolezzi, della Commissione Ambiente) presentata alla presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'Ambiente.
Nel testo (4/08095) si spiega che: "La gestione mista con la raccolta effettuata con mezzi del comune e l'affidamento, tramite gare, per le successive operazioni connesse al trasporto e allo smaltimento senza contravvenire alla legge", l'utilizzo di personale residente nei comuni interessati, maggiormente a conoscenza delle criticità territoriali e maggiormente affezionato al territorio, sembrano rappresentare l'alternativa logica per rallentare il disastro ambientale prodotto da discariche, incenerimento e speculazioni.
E a confortare la tesi ci sono i numeri: nel rapporto sulla gestione dei rifiuti solidi urbani dell'Ispra emerge che già nel 2011 il costo pro-capite della gestione dei rifiuti in una realtà urbana fra i 50mila e i 150mila abitanti era di 220 euro se la raccolta differenziata (RD) stava sotto al 40% e di 143 euro se la RD era sopra al 60%, grazie alle minori necessità di discariche e al maggior recupero di materia.
Dati poi confermati anche negli anni successivi.
Il costo pro-capite negli ultimi anni sta dipendendo sempre di più da aspetti opinabili, quali il recupero energetico a basso indice di ritorno e la presenza di società partecipate e/o multiutility nella gestione del servizio. «Molto spesso – spiega il deputato Zolezzi che fa parte anche della commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti - le società partecipate sono complici del sistema delle gare al ribasso, dove la vittoria di una società è legata a dati fantasiosi, che verranno ribaltati dopo pochi anni di servizio, con la scusa di non aver valutato con attenzione il territorio o l'esistenza di frazioni nei comuni, come è emerso dall'audizione della commissione ecomafie in provincia di Imperia. Il sistema delle partecipate appare sempre più quello di poltrone appetibili più che di un sistema organico e funzionale, dove i vari trombati elettorali siedono incrementando l'esborso e riducendo la qualità dei servizi erogati ai comuni mortali».
Un esempio virtuoso da citare è quello del piccolo comune di Rodigo (MN), 5421 abitanti: infatti il sindaco Gianni Chizzoni ha adottato da alcuni anni una diversa strategia di gestione dei RSU ed è stato in grado di abbattere i costi e di conseguenza le tariffe per i cittadini, seppur al prezzo di una estenuante querelle legale con la provincia di Mantova e con la partecipata di turno, TEA (con il suo ramo ambientale, Mantova Ambiente). In sostanza la cifra pro-capite per la gestione dei RSU è scesa da 95 euro a 73 auro, grazie alla gestione in autonomia da TEA. Rapportando la cifra al bacino di utenza di TEA si arriva potenzialmente a 8 milioni di euro all'anno di costi aggiuntivi.
Di conseguenza l'interrogazione auspica l'opportunità di considerare "interventi anche di carattere normativo per favorire la possibilità da parte dei comuni di autogestire i servizi pubblici locali connessi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, o assimilati, stante il dimostrato risparmio derivato da tali modalità di gestione" proveniente dall'esempio virtuoso di Rodigo. Inoltre il Movimento 5 Stelle nell'interrogazione chiede anche l'istituzione di una tavolo tecnico che porti alla definizione dei reali costi di gestione dei rifiuti e a definire gli ambiti territoriali davvero ottimali per la gestione dei rifiuti, evitando l'infiltrazione della criminalità organizzata nella filiera.
Redazione Agenzia Stampa Italia