(ASI) La gestazione ed il parto sono stati travagliati, anche se alla fine, qualche settimana fa, il Consiglio regionale dell'Umbria ha approvato la nuova legge elettorale con la quale si dovrebbe andare a votare il 31 maggio. Uso il condizionale perché il nuovo testo è un obbrobio.
Illegittimo sotto diversi profili, peraltro maturato in un contesto politico rabberciato ed estemporaneo.
La maggioranza, quella che ha tenuto in vita il governo di Catiuscia Marini in questi cinque anni, si è sbriciolata. Hanno votato contro il PRC, i Comunisti Italiani e Italia dei Valori. A conferma di un pessimo sistema di governo, come con le persone anche con i partiti: usa e getta, senza incertezze e senza ritegno. In soccorso del Pd e del Psi sono arrivati 3 voti della minoranza (stavo per scrivere opposizione, del tutto inesistente) FI, Fdl, e Ncd: 19 contro 11.
La nuova legge ha riservato dei posti in consiglio, come a teatro, alla maggioranza e alla minoranza.
Eccolo, in sintesi, il mostriciattolo. In Umbria ci sarà un unico collegio. I seggi saranno ridotti da 30 a 20. La coalizione vincente otterrà fino ad un massimo di 12 seggi (più il presidente) ed i restanti 8 vanno alla minoranza. La lista che ottiene più voti, tra quelle che appoggiano il presidente eletto, può ottenere massimo 10 seggi, perché i restanti 2 vanno alla lista che ottiene il risultato migliore tra quelle che superano il 2,5 %, che è la soglia di sbarramento. Due posti garantiti - dicono le malelingue - al Psi, alleato del Pd. Un'altra singolare novità, che ha consentito di trovare i tre voti favorevoli del centrodestra, è che al candidato presidente "migliore perdente" spetta un seggio di diritto, che però non viene scorporato dal riparto delle liste che abbiano superato la soglia del 2,5 %. In questo modo le liste più piccole saranno penalizzate perché avranno un seggio in meno.
Il primo vizio riguarda i tempi dell'approvazione della nuova legge elettorale. Il "Codice di buona condotta in materia elettorale" approvato dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, impone di non apportare modifiche alla legge nell'anno che precede le elezioni. Nel nostro caso si tratta di nemmeno tre mesi.
La stabilità del diritto - sostiene l'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa - è un elemento importante per la credibilità di un processo elettorale ed è essa stessa essenziale al consolidamento della democrazia. Se le norme cambiano spesso, l'elettore può essere disorientato e non capirle. A tal punto che potrebbe pensare che il diritto elettorale sia uno strumento che coloro che esercitano il potere manovrano a proprio favore, e che il voto dell'elettore non è, di conseguenza, l'elemento che decide il risultato dello scrutinio. Esattamente quello che è avvenuto in Umbria.
Abbastanza grave ed altrettanto abnorme, appare il premio di maggioranza per il turno unico, vale a dire chi arriva primo vince. Va sempre bene per la corsa campestre, un po' meno per le competizioni elettorali, in quanto introduce un fatto distorsivo, non imponendo una soglia minima di voti alla lista, come prevede la nuova legge elettorale approvata in Umbria.
Sulla questione si è espressa, nel 2014, la Corte Costituzionale a proposito del "Porcellum", come si sa poi ritenuto illegittimo sotto il profilo costituzionale in più punti. Quella sentenza - ovvio - si riferiva alla legge elettorale per la Camera, appunto il "Porcellum", ma i principi di quella pronuncia credo siano estensibili a tutte le leggi elettorali. Perché non subordinando l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti - così ha motivato la Consulta - trasforma una maggioranza relativa di voti (potenzialmente anche molto modesta) in una maggioranza assoluta di seggi, così determinando, irragionevolmente, una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica. Allora come mai - è legittimo chiedersi - pur sapendo di rischiare l'incostituzionalità, la legge è stata approvata lo stesso? Perché mettere la soglia (poniamo al 40 % come ha fatto la Toscana) significa correre un rischio ancora maggiore. In caso del mancato raggiungimento della soglia, e quindi della vittoria al primo turno, si deve andare al ballottaggio. Un termine che al Pd umbro provoca ancora le convulsioni, perché ricorda la pesantissima sconfitta, appunto al ballottaggio, appena un anno fa al Comune di Perugia. E la possibilità di perdere anche la Regione, dopo il comune più importante, non è poi così tanto remota, considerando che il governo di questi cinque anni di Catiuscia Marini, se non proprio disastroso, come sostiene più d'uno, è certamente fatto più di ombre che di luci, con conseguente crollo dei consensi. Forse per questo è stata necessaria la nomina dall'alto, senza ricorrere alle primarie. La Marini, peraltro, a differenza di quanto è stato scritto, non è affatto renziana. L'ha sempre dimostrato. La prima volta, quando ci sono state le primarie, si è battuta tenacemente per Bersani e la volta successiva per gli avversari di Renzi. Se ora è saltata sul carro del vincitore, l'ha fatto per opportunismo e comunque tra gli ultimi.
E poi c'è questa singolare prenotazione ed arbitraria assegnazione dei seggi (alla maggioranza ed alla minoranza) che non appare solo iniqua, sembra anche questa chiaramente illegittima. Come si vede ci sono fondati motivi per impugnare la legge prima che si arrivi alle elezioni. Il governo ha sessanta giorni (adesso un po' meno) per farlo. Nel caso la decisione del ricorso arrivasse dopo le elezioni, ci sarebbe il rischio dell'annullamento delle votazioni, con spreco notevole, e vergognoso, di denaro pubblico.
Fortunto Vinci - Agenzia Stampa Italia
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