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I magliari delle larghe intese litigano pure sull’antimafia

(ASI)Larghe intese. Questi magliari di politici che ci governano, le hanno chiamato proprio così, gli accordi che hanno fatto per spartirsi il potere ed ora è una rissa continua, indecente e detestabile. Con il governo sempre sotto scacco, sull’orlo della crisi. Sarebbe stato il far west, con scontri e  fucilate, se le intese (come ipocritamente li chiamano) invece che larghe fossero state strette.

Ma come fanno - mi chiedo e vi chiedo - a non rendersi conto che lo spettacolo che propongono ha ormai superato tutti i limiti ed è diventato insopportabile? E, purtroppo, non è solo lo spettacolo, è la sostanza che manca, perché sono completamente incapaci di risolvere qualsiasi problema, piccolo o grande che sia, facile o difficile. Un mese fa ho scritto che questi magliari bisogna mandarli via prima possibile e a calci nel sedere perché, tra l’altro, ci fanno anche il gioco delle tre carte. Sento, adesso, che sono in tanti a dirlo. Sulla pressione fiscale, sugli stipendi, sulle pensioni, sull’Imu, sugli emigrati: un imbroglio su tutto. Pensate che sul Corriere di martedì, in una intervista, Gianfranco Fini, ha detto che Silvio Berlusconi non dice bugie. Ormai è evidente: ci considerano tutti imbecilli.

L’ultima patetica scenetta è sull’antimafia. “Divisi anche sull’Antimafia” titola il Corriere della Sera, sintetizzando in maniera efficace la Babele che regna sovrana.

La lotta alla mafia sarebbe una cosa seria se non fosse che con la querelle sulla commissione antimafia (scrivo con la minuscola perché non ha senso dare dignità ortografica ad un insignificante carrozzone)  hanno reso tutto ridicolo e grottesco, dimostrando che è una delle tante cose che ci propinano con lo squallido scopo di tentare di salvare la faccia. Fanno (dicono di fare) la lotta all’evasione, che è così efficace che la truffa al fisco, regolarmente, tranquillamente e sistematicamente, ogni anno, si aggira sui 180 miliardi di euro. E, naturalmente, c’è pure l’antimafia che contrasta in maniera altrettanto efficace, come si vede tutti i giorni, la malavita organizzata, infatti la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra, ormai controllano metro per metro, anzi centimetro per centimetro, non solo la Sicilia, la Calabria e la Campania, ma tutta  Italia. Immaginate le risate che si stanno facendo i boss delle organizzazioni mafiose commentando la contestata nomina della Rosy Bindi. La lite che si è scatenata intorno a questa nomina sta a confermare che alle forze politiche non interessa assolutamente nulla di quello che dovrebbe fare la commissione, peraltro formata da ben 50 parlamentari (25 deputati e 25 senatori) che dovrebbe “verificare l’attuazione delle leggi per combattere la criminalità, studiare la natura dei fenomeni mafiosi, e indagare sul rapporto mafia-politica, valutando l’impatto economico e sociale dell’illegalità”.

Voi vi siete mai accorti di qualche risultato concreto, visto che “opera” sin dal 1962 ? In realtà ha sempre fatto solo qualche viaggio (altre spese!) nelle zone “calde” del Paese per dare segni di vita e raccontare qualche sciocchezza. Lo dimostra anche il fatto che il presidente mancava (e manca ancora visti i litigi) da ben sette mesi, ma nessuno si era preoccupato perché l’unica cosa importante era trovare un accordo per premiare qualcuno, assegnare un posto, uno dei tanti, inutili e costosi. Intanto la Bindi, con uno slancio istituzionale quasi commovente, ha promesso che immediatamente lavorerà, non per lottare contro le mafie, ma per ricucire lo strappo con il Pdl che non la vuole assolutamente a quel posto. Una comica che, purtroppo, non fa ridere

A Rosy Bindi, e ai suoi compagni di merende, non importa assolutamente nulla del messaggio moralmente devastante che mandano a quelli che ogni giorno tentano, spesso inutilmente, di contrastare le organizzazioni mafiose, rischiando la vita, che sono le forze dell’ordine, i magistrati, i cittadini comuni. I politici, quando possono, con leggi ad hoc, cercano di mettere il bastone tra le ruote. Anche questa è lotta, ma  all’incontrario.

Fortunato Vinci -Agenzia Stampa Italia

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