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Re Giorgio
(ASI) Dunque, dopo tre giorni di attese, comunicati, cronache in diretta, interviste, immagini di Montecitorio  e delle cabine elettorali,  tifoseria popolare senza precedenti che partecipa con twitter, facebook e messaggi (l’ho fatto anch’io, per Rodotà),   infine, abbiamo un Presidente delle Repubblica, praticamente a vita. Re Giorgio, re non per diritto ereditario ma per elezione parlamentare.

Accanto a lui  vedo l’ombra del  Papa dimissionario in vita, coetanei. Un Papa che si dimette ed un Presidente della Repubblica a vita, sono due novità contemporanee troppo grosse per essere ignorate.

Il mio sentimento odierno è di silenzioso e preoccupato sgomento.  A ciò nella mia mente si aggiunge l’immagine della democrazia come quella di un gigantesco frullatore, che macina e trasforma tutto e tutti, riducendo in poltiglia eletti ed elettori. Dove sono andati  Gianfranco Fini e  Antonio di Pietro?   e dove andranno a finire  Franco Marini, Romano Prodi, Pierluigi Bersani, Rosy Bindi e compagnia?  Nello spazio di un pomeriggio sono diventati ombre del passato, il ricordo di persone che, attraverso lo schermo TV, ci hanno tenuto compagnia per tanto tempo, hanno ispirato idee, discussioni, relazioni sociali.  Avanti i nuovi.

A proposito di nuovi, mi domando ancora come mai la base dei grillini, composta in genere da giovanissimi di estrazione sociale e culture disparate, si sia potuta pronunciare a favore di Stefano Rodotà, un ottantenne che stava in parlamento quando molti di loro non erano ancora nati. Era nato Beppe  Grillo, però, che li ha coinvolti ed ha guidato le proteste, indirizzandole non ancora capisco in che direzione,  con un geniale uso dei mezzi di comunicazione, da esperto e scaltro uomo di spettacolo.

Ma chi è il motore del frullatore? Sappiamo bene chi è il motore del frullatore/ democrazia.  Se alla parola democrazia se ne  aggiunge un’altra, capitalismo, non ci sono dubbi: il motore   della democrazia è la produzione e lo scambio di merci. Leggendo il più recente libro di Roberto Saviano si rimane sgomenti a scoprire  la prevalenza enorme di una merce assai particolare che ha invaso il mondo.

In Italia democrazia e capitalismo sono ormai consolidati dal dopoguerra, la parola profitto va d’accordo con la parola lavoro, lo stato sociale sembrava aver garantito a tutti un pò di sicurezza e benessere. Fino a che il sistema si è rivelato troppo costoso, insostenibile senza ricorso massiccio al debito pubblico, all'aumento delle tasse. Dunque, smettiamola con le chiacchiere di sinistra. Dobbiamo cavarcela da soli, poco o nullo stato assistenziale, tagli a scuola, sanità e ricerca. Aumentano disoccupazione, emigrazione, fuga dei cervelli e suicidi, diminuisce il PIL, crolla il valore delle case, cioè della ricchezza prima delle classi medie.  Aumenta enormemente il divario fra ricchi e poveri con una concentrazione della ricchezza nazionale in pochissime mani, senza precedenti.

Grillo ed i suoi seguaci si vantano di aver frantumato in pochi mesi parecchi partiti. Non tutti, però. Ne rimane in piedi uno, molto solido, fondato sul danaro, quello grosso, governato dal   geniale proprietario di mezzi di comunicazione di massa privati. Qui ed ora, benzina e  motore della politica. Il frullatore della democrazia lavora sodo, trasforma il panorama della politica e cambia le facce che ci tengono compagnia.  Sgomenta, temo spiacevoli sorprese.

Emanuela Medoro – Agenzia Stampa Italia

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