Così come la coerenza dei politici della Prima repubblica. Da Nichi Vendola a Bersani, in molti si sono dati alle sviolinate sotto la finestra di Beppe Grillo. Le dichiarazioni di SEL e PD a due settimane dal voto sul comico genovese sono invece assai note a tutti: un fascista, un maschilista, un emanatore di grugniti. Uno a cui dare la colpa se un giorno, sull'ondata del populismo, qualcuno premerà un grilletto, come ha ben ricordato, sbugiardandoli, Marco Travaglio a Servizio Pubblico su La7.
Qual è l'humus che fa presagire che non ci sarà un accordo Grillo-PD? Grillo già nel 2006 aveva tentato di dialogare con Romano Prodi rilanciandogli delle priorità urgenti discusse sul suo blog. Ignorato, ha organizzato due V day (nel 2007 e nel 2008) contro la casta, per la riforma elettorale, per la riforma della stampa. Non è stato seguito dai politici di sinistra, così nel 2009 ha tentato di iscriversi al PD per candidarsi alle primarie e rivoluzionare il centro sinistra. Ma l'iscrizione è stata respinta dai vertici, che hanno poi decretato la vittoria di Bersani dopo il flop di Veltroni e Franceschini alla leadership. Grillo a quel punto ha consigliato al PD di copiare il suo programma di salute pubblica per il bene del paese, dato che i programmi di PD e PDL erano sovrapponibili. Pena la consegna della vittoria nelle mani di Berlusconi. Ma non è stato minimamente preso in considerazione. In ogni piazza grillina in campagna elettorale è stata così rimarcata la lotta al PD meno L.
In Parlamento, hanno annunciato i grillini, si seguirà il modello M5S Sicilia. Si procederà con il sostegno per ogni proposta di legge, appendendo ad una corda la stabilità del governo.
Cosa ci spinge a sperare per un'intesa di governo, pur con questa bassa qualità politica? La grave crisi economica che è ancora senza timone. Il 35% dei giovani italiani che è a spasso, inattivo ed immobile come la nostra evoluzione civica. L'attesa di vedere attuato perlomeno un quinto dei punti programmatici di Beppe Grillo, il solo che sulla carta ha previsto una serie di misure per far riprendere fiato al paese. Come il reddito di cittadinanza, come gli aiuti alle piccole e medie imprese, come la ridiscussione del sostegno alle missioni all'estero.
Tornare alle urne sarebbe uno schiaffo della politica a chi è sospeso fra la vita e la morte, fra la disoccupazione, l'emigrazione e il suicidio. Il suicidio si conferma una silenziosa piaga sociale, meno simpatica dei giaguari da smacchiare, per questo forse meno presa in considerazione in campagna elettorale.
Se si tornerà alle urne, come ha prospettato il sindaco grillino di Parma Pizzarotti, il M5S potrà giocare davvero come asso piglia tutto e prendere il 50%. Una possibilità che anche Berlusconi deve avere “intuito” a giudicare dall'esclusione sistematica di tale evenienza, assieme al Presidente Giorgio Napolitano. Quest'ultimo non ha mai mancato di esprimersi in maniera negativa su Beppe Grillo, mentre ha spinto non poco per un governo Mario Monti. Napolitano dichiarò di non aver sentito alcun boom quando la scorsa primavera alle amministrative le liste Grillo presero l'8% su scala nazionale. E richiamò l'attenzione al pericolo “populisti”.
Non avrà la simpatia del presidente italiano, ma Grillo è apprezzato dalla Goldman Sachs e dall'entourage degli Stati Uniti. E rigetterà anche i giornalisti italiani, ma in questa settimana ha accolto il Time e il New York Times alle porte di casa sua. Considerando che gli Stati Uniti e le banche americane sono stati la prima pedina del domino crisi nel 2009, è dubbio se sia un sostegno di merito o demerito.
Una terza evenienza è unire i politici della casta e lasciare a Beppe Grillo il ruolo dell'opposizione. E' l'ipotesi chiamata “Governissimo”, ovvero un governo PD-PDL. Grillo si ritroverebbe in una posizione per lui assai congeniale, il contestatore, e PD e PDL metterebbero da parte la finta di non potersi conciliare, dopo un anno e mezzo di governo Monti assieme. Proprio un ministro Monti, Corrado Passera, sarebbe chiamato, secondo i bookmakers, a fare il Premier, aprendo la stagione di un Monti bis.
Tutto fin qui è fantacalcio, è fare le formazioni su un pezzo di carta e scambiarsele a seconda della convenienza. Se c'è una cosa certa a una settimana dal voto è la criticità osservata da Berlusconi sul riunire il Parlamento il 15 marzo. Berlusconi ha detto: “Troppo lunghi i tempi delle istituzioni. Bisogna riformarle”. Abbiamo infatti davanti due settimane di chiacchiericcio e incertezza di governo. Le Camere possono riunirsi per Costituzione fino a 20 giorni dopo l'esito elettorale, un tempo limite e non obbligatorio.
E' cosi che una nazione in crisi dovrebbe comportarsi? A quanto pare si, non è stato riconosciuto alcuno status eccezionale che metta un po' di fretta a tutti sul capire se abbiamo o meno un governo, se si possa partire con il rilancio della nostra Nazione. Non sembra esserci alcuna fretta, mentre gli italiani si inabissano nelle sabbie mobili del caro vita.
I parlamentari grillini, con calma, si sono riuniti in un hotel a Roma ad inizio settimana, comunicando in riunione con Google Groups, assicurando la diretta on line all'arrivo di Casaleggio.
Bersani sta lanciando dei disperati razzi di attenzione a Beppe Grillo: “O si decide o si va casa, e andranno a casa anche i grillini”. Ed ha preparato otto punti con cui chiedere la fiducia, annunciati domenica 3 marzo nella trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa”: legge anti-corruzione, conflitto d'interessi, norme sui costi della politica, interventi immediati su economia e diritti, riforma dei partiti.
Concedere un immediato occhio di riguardo agli 8 milioni di italiani sulla soglia di povertà? Per quello c'è sempre tempo, forse fra due settimane, forse no. Per ora siamo condannati a talk show e streaming di fanta calcio.
Maria Giovanna Lanotte – Agenzia Stampa Italia
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