Prima della chiusura in Toscana, D’Alema chiama a raccolta le truppe dei bersaniani nel suo tour intorno al Trasimeno. Tra Città della Pieve e San Feliciano, fa il pieno di presenze. L’establishment del PD è presente in massa: la Presidente Marini, il segretario regionale Bottini, il consigliere regionale Renato Locchi, l’assessore provinciale Ornella Bellini, i sindaci di casa Manganelli e Alunni, l’ex assessore regionale Maurizio Rosi e l’ex sindaco di Città di Castello Adolfo Orsini, uomo di fiducia di D’Alema in Umbria. E, nel primo incontro, anche Maria Rita Lorenzetti, ex Presidente della Regione e dalemiana di ferro.
L'Italia dopo il governo dell'emergenza ha bisogno di un governo in cui la politica torni ad esercitare le proprie responsabilità facendo le scelte che i cittadini si attendono su lavoro, sviluppo e giustizia sociale. Da questo punto di vista, "se Bersani vincesse domenica già al primo turno, cosa anche possibile, renderebbe un servizio all'Italia" perché chiarirebbe da subito chi sarà il prossimo Presidente del Consiglio e renderebbe più forte la prospettiva del governo di centrosinistra. Anche perché si realizzerebbe una delle condizioni tipiche dei Paesi democratici e cioè che il segretario del partito di maggioranza diventa capo del governo. E Renzi? D'Alema qua e là lo punzecchia. "Si è smesso di parlare di rottamazione appena ho dichiarato che non mi sarei ricandidato a niente", segno evidente che il problema non era il rinnovamento ma il metter da parte qualcuno in particolare. E ancora: la società civile tanto invocata dai renziani è composta da banchieri, finanzieri e imprenditori che hanno vissuto di provvigioni pubbliche, ma non ci sono operai. E ce n'è anche per Montezemolo ed il suo tentativo di raggruppare il centro insieme a Bonanni: certi esponenti della borghesia di centro vorrebbero che il PD, partito di maggioranza, "lavori e prenda voti per poi far scegliere il capo del governo a loro". Certi passaggi degli interventi di D'Alema ostentano il distacco dell'uomo politico di razza che sa astrarre dalle polemiche personali e sa vedere la politica nell'ottica dell'interesse generale che prevale sul particolare: "la politica non è narcisismo e personalismo" e quindi lui non lavora per distruggere gli avversari delle primarie, ma per costruire un progetto anche con loro. Così, quando parla del centrodestra, dice di non godere dello stato disastroso in cui si trova e auspica che sappia sganciarsi dal populismo berlusconiano per assumere le caratteristiche dei partiti europei conservatori. Però la passione dell'impegno politico riaffiora appena parla, per esempio, lui che presiede la Fondazione "italiani europei", dell'assenza dell'Europa nella crisi di Gaza e della necessità di ridare al vecchio continente un ruolo centrale nel mondo, ora messo in discussione come non mai. E allora, le domande lo incalzano: si ricandiderà? farà il ministro degli esteri come proposto da Vendola?. "L'unico problema che non avrò, risponde, sarà quello di restare disoccupato, perché tra la Fondazione, la presidenza dell'Associazione dei socialisti europei ed altro, il modo di impiegare il tempo lo troverò". La platea applaude, sottolinea tutti i passaggi in cui D'Alema incarna il senso di appartenenza del popolo del Pd e gli chiede di rimanere nel giro. Lui ringrazia e sorride sornione: è la conferma di quello che ha detto rispondendo alla domanda cattiva sul perché sembri avere così tanti nemici dentro e fuori il partito. La risposta: "in politica, risponde, la simpatia o l'antipatia si misurano con il consenso quando si vota e io mi ritirerò senza essere mai stato sconfitto in nessuna.
Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia
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