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Perché Renzi non è il nuovo Cavaliere.

(ASI) 1994-2012. Due date divise da diciotto anni, inizio e fine dell’era Berlusconi e che magicamente ripropongono una situazione molto simile. Minimi storici nel rapporto politica-popolo e una fortissima crisi economica sono il let motiv sia del 1994 che del 2012.Nel 1994, a seguito dello scandalo Tangentopoli, crollarono la DC e il PSI e la sfiducia vero le Istituzioni e la politica esigevano la discesa di un nuovo personaggio, che sembrasse forte e vincente.

I comunisti con Achille Occhetto si preparavano a governare, ma l’allora giovane imprenditore milanese con una campagna elettorale mediatica, in stile Regan-Kennedy, sbaragliò tutti e si andò a prendere la Presidenza. Tutti sappiamo come è finita, l’Italia era talmente inguaiata a livello economico, sull’orlo di un crac finanziario, che si dovettero mettere mani alle pensioni. Cadde Berlusconi, salì il governo tecnico Dini e arrivò quella riforma delle pensioni, che allora ci salvò e che tra trent’anni si farà sentire come non mai, quando i giovani di allora e di oggi scopriranno di essere dei poverissimi pensionati.

Il 2012 vede un susseguirsi di scandali che hanno coinvolto Lega, Idv, Pd e soprattutto il Pdl, che esce con le ossa rotte con il suo leader alla fine del suo quasi ventennale periodo politico. Via Berlusconi, via il rivale del 2008 Veltroni, Prodi e Amato a guardare e con il solo D’Alema, che si aggrappa alla poltrona. In questo scenario dove non c’è la destra e la sinistra sembra quanto mai confusa e disorientata, s’invoca un nuovo leader, una nuova speranza. Grillo, fautore dell’antipolitica, non può essere la risposta e alcuni pensano a Matteo Renzi, ma è davvero lui la soluzione alla politica italiana?

Renzi, attuale sindaco di Firenze, laureato in giurisprudenza, classe 1975 ha alcuni punti di contatto con il Berlusconi del 1994, seppur con delle differenze sostanziali. Berlusconi allora aveva 58 anni ed era apparentemente estraneo alla politica (nonostante la forte vicinanza con Craxi); Renzi, invece, è cresciuto nelle giovanili della DC prima e poi del PPI, con svolta nella Margherita divenuta PD. Se si ascolta Renzi emerge questa cultura politica, che probabilmente non piace a un elettore della sinistra estrema e che può paradossalmente ricordare lo stesso Berlusconi. Sostanzialmente Renzi è l’evoluzione di quella matrice cattolica che si contrappone all’anima comunista del mostro a due teste, che non ha ancora identità di nome PD. E ora l’anima cattolica ex DC sembra mettere in difficoltà quella ex comunista dei vari Bersani e D’Alema.

In un’intervista al Corriere della Sera, Barbara Berlusconi ha consigliato al sindaco di Firenze di staccarsi dal partito, di andare da solo, senza nessuno come fece suo padre, per avere un effetto dirompente. Ma Renzi ha preferito essere nel PD, promettendo, in caso di vittoria delle primarie, una rottamazione dei vecchi. Ma è davvero possibile? Levare a coloro, che hanno fatto il PD, la loro creatura a due teste?

Primo punto a sfavore di Renzi rispetto al Berlusconi del 1994, dunque, la mancanza di una rottura definitiva e convincente. Uno che vuole fare una rivoluzione può permettersi di andare da solo e non rimanendo aggrappato a un partito contraddittorio e limitante. Berlusconi capì che doveva staccarsi dalle forze politiche e presentando un nuovo partito, che in realtà era costruito solo sulla sua persona, che racchiudesse gli ideali di centro destra e della sinistra progressista. Renzi, invece, commette l’errore di rimanere a cavallo di quel mostro ingestibile a due teste e di non creare una nuova creatura apparentemente forte e vincente.

Secondo punto sempre pro Berlusconi, che arrivò come uno degli imprenditori più ricchi e potenti del suo tempo proprietario di Mediolanum, del Milan, di Mondandori e molto altro ancora. Renzi, invece, si presenta come il giovane sindaco di Firenze e con risorse economiche molto meno cospicue. E’ vero Renzi si presenta come un politico nuovo vicino alla gente, ma i soldi in campagna elettorale servono e contano moltissimo.

Altro punto meno importante, ma pur sempre rilevante è che Berlusconi aveva un appeal mediatico, che è estraneo al giovane fiorentino, decisamente meno convincente all’apparenza e spesso con la testina abbassata. Il Berlusconi del 1994 era uno yuppie, vincente e autorevole, Renzi, invece, sembra un bravo ragazzo di belle speranze. Quello che è stato Berlusconi tutti lo hanno visto, quello che è invece Renzi non si sa.

Paradossalmente la speranza di un salvatore alimenta le changes e compensa la poca incisività, la mancanza di un programma elettore vincente e pubblicizzato. Il sindaco fiorentino si fa forte ogni giorno, del fatto che forse lui potrà fare quello che gli altri non hanno fatto. Ma tutto questo basterà? Riuscirà a domare la creatura PD? A convincere e a prendere quei voti che un tempo erano di Berlusconi?

Può, dunque, un giovane di 35 anni, che non è mai stato in Parlamento, che conosce bene solo la realtà di Firenze essere la soluzione ai problemi dell’Italia? La scommessa sarebbe bella e anche entusiasmante, ma oggi l’Italia più che di belle parole, di slogan ha bisogno di fatti e concretezza. Gli italiani si sono stufati di essere presi in giro.

Daniele Corvi -Agenzia Stampa Italia

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