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Nazionalizzazioni e rinascita indio-latina

(ASI) In principio fu Hugo Chavez, il rifondatore del continente indio-latino, oggi sono i suoi emuli a continuare a fare gli interessi dei paesi sud americani a scapito degli ex colonizzatori. Dopo le nazionalizzazioni decise negli anni passati dal fautore del socialismo del XXI secolo, ora anche la rinata Argentina, sotto il segno del peronismo di Cristina Fernandez in Kirchner, e la Bolivia stanno finalmente riprendendosi ciò che governanti fantocci utili solo agli Usa e ai suoi camerieri avevano svenduto.

Circa un paio di settimane fa a rompere gli indugi era stata la nuova Evita che in qualità di presidente dell’Argentina aveva deciso di espropriare la compagnia petrolifera Ypf, estromettendo la spagnola Repsol; giova ricordare che la compagnia in questione era statale fino al 1993, ora però un tribunale argentino sarà chiamato a stabilire la somma che Buenos Aires dovrà versare alla compagnia iberica come risarcimento.

Per riportare la gestione del settore petrolifero sotto la mano dello stato la signora Kirchner non ha dovuto far altro che dichiarare che il patrimonio da espropriare era di interesse nazionale.

L’esempio argentino è stato seguito pochi giorni dopo dalla Bolivia.

In occasione dei festeggiamenti per il I maggio il presidente Evo Morales ha infatti annunciato al suo popolo la nazionalizzazione del 100% della compagnia Transportadora de Electricidad S.A. (TDE), di proprietà di Red Electrica Internacional, filiale del gruppo spagnolo Red Electrica.

In Bolivia la Tde vale appena l’1,5% del fatturato della Ree nonostante investimenti di circa 80 milioni di euro, che però Morale ha sminuito e definito inadeguati, utilizzando proprio questo pretesto per riappropiarsi della compagnia.

Mentre nell’ultra liberista si continua a privatizzare con risultati disastrosi per i cittadini, basti pensare che Italia la liberalizzazioni nel settore dei taxi hanno portato unicamente ad aumenti delle tariffe, in America latina la strada sembra quella opposta.

Fa però pensare il fatto che a farne le spese fino ad adesso siano state compagnie spagnole, ovvero di quello che, dopo la Grecia, è il paese più in crisi nel Vecchio continente forse un briciolo di coraggio in più anche verso paesi più ricchi e forti non guasterebbe, anche se da qualche parte bisogna pur iniziare.

Fabrizio Di Ernesto Agenzia Stampa Italia

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