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Siria. Damasco andata e ritorno

(ASI) Come giornalisti ci si trova spesso ad inseguire storie di violenze, guerre, e tragedie, e sono sempre meno gli articoli o i telegiornali che raccontano i fatti senza censura, senza filtri, e pensando che una volta ogni tanto qualche buona notizia non guasta. Oggi mi sono recata a Damasco passando per il Libano, facendo due ore di macchina da Beirut con un visto ottenuto come studentessa all’ambasciata siriana a Roma. Vi starete chiedendo dove sta la bella notizia?

 La bella notizia è che a Damasco la gente vive in pace, almeno all’interno del perimetro della città, peccato che per via degli scontri ad Homs, Hama, Idlib, e Aleppo i turisti hanno smesso di venire a visitare una città magnifica, dove ora l’economia del settore terziario è ferma, gli alberghi e i ristoranti sono vuoti. Non è un caso che chiunque venisse informato della mia trasferta in Siria mi abbia sconsigliato di andare, prima tra tutte l’ambasciata italiana a Damasco che ha risposto a seguito di una mia email nella quale li informavo della mia presenza con la seguente raccomandazione: “con riferimento alla Sua e-mail del 22 aprile, La informo che, in considerazione del continuo deterioramento della situazione di sicurezza nel Paese, ribadiamo ancora una volta il pressante invito a NON recarsi in Siria.

La informo inoltre che l’Ambasciata ha sospeso le prorpie attivita’ e non sara’ pertanto piu’ possibile fornire il livello di assistenza abituale.”

Ciò nonostante armata di visto e macchina fotografica mi sono recata a Damasco per vedere di prima persona cosa stesse succedendo.

La vegetazione intorno a me, nel tratto di strada che ho percorso con il mio autista Armeno ricordava la Sardegna, ma non appena si entra nel regno di Assad le colline diventano il rifugio dei militari, nascosti dentro fortini a forma di piccole cupole scavate nel terreno, una sorta di piccoli igloo ma invece che di ghiaccio di pietre simili ai san pietrini. Dai fortini sbucano cecchini armati di Kalashnikov dell’epoca della guerra fredda.

L’autostrada è incorniciata da cartelli con la faccia di Assad a naso alzato alternati a pubblicità dell’ultimo modello di Audi, e lungo la strada i militari sono schierati a distanza precisa come i piccioni sui fili elettrici a sorvegliare la strada, e se ti azzardi a fare una foto dalla macchina inutile dire la fine che fai.

L’autista armeno che mi accompagna è sorridente e spensierato, mi intrattiene con musica hiphop come se stessimo facendo un road trip sulla East Coast.

Damasco ricorda Nettuno, eppure ci sono cantieri edili operativi che costruiscono Grand Hotel come il Rotana, che sembrerebbe più consono a Las Vegas. I ristoranti ed i negozi sono tutti aperti, e la gente passeggia spensierata, mentre all’Università di Damasco i ragazzi vanno a lezione come se niente fosse, e l’Hotel Four Season è aperto ed imponente in tutta la sua eleganza. Qui la guerra non c’è e va detto.

Kim Navarra da Damasco per Agenzai Stampa Italia

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