(ASI) - A soli 34 anni, Zohran Mamdani è il primo sindaco musulmano nella città di New York City, il più giovane in oltre un secolo e il primo di origini sud-asiatiche. Le elezioni si sono concluse martedì 4 novembre 2025 con una vittoria schiacciante: Mamdani è stato eletto con circa il 50,4% dei voti, contro il 41,6 % raccolto da Andrew Cuomo e il 7,1 % di Curtis Sliwa (repubblicano).
La sua candidatura era partita in sordina. Un esponente del Partito Democratico statunitense e membro dell’Assemblea dello Stato di New York per il distretto del Queens, relativamente poco noto a livello nazionale. Rappresentante di spicco dell’ala progressista del partito, si definisce un democratic socialist, termine con cui si indica chi sostiene un’economia di mercato con forti politiche di welfare. Durante la sua campagna elettorale ha puntato tutto su temi popolari come il costo della vita, gli affitti, i trasporti pubblici gratuiti o più accessibili e un aumento delle tasse per i redditi elevati, allo scopo di finanziare servizi urbani. La campagna ha avuto un passaggio chiave nelle primarie democratiche: Mamdani aveva infatti battuto Cuomo nella fase interna del partito, e successivamente lo ha di nuovo sconfitto ieri durante le mayoral election. Cuomo aveva infatti scelto di presentarsi come candidato indipendente.
Nel discorso di vittoria Mamdani ha reso omaggio alle diverse comunità immigrate della città, nominando esercenti yemeniti, tassisti senegalesi, infermiere uzbeke e tante altre figure della composita popolazione di New York. Ora il compito sarà quello di governare una città complessa, con sfide sul fronte abitativo, sulla sicurezza urbana, sulla mobilità e sulle disuguaglianze sociali che da anni rappresentano uno dei problemi maggiori di NYC. L’evidente consenso di Mamdani, dovrà tradursi in atti concreti per mantenere le promesse elettorali.
La vittoria di Zohran Mamdani non è soltanto un cambio di amministrazione, ma l’espressione di una città che continua a ridefinire sé stessa attraverso il conflitto fra potere, identità e aspirazione. Mamdani arriva a guidarla in un momento in cui la crisi dell’abitare e la polarizzazione sociale costringono la politica urbana a misurarsi non solo con bilanci e infrastrutture, ma con l’idea stessa di appartenenza. In questo senso la sua elezione può essere letta come un esperimento collettivo: la prova di quanto un linguaggio politico radicato nell’equità e nella giustizia sociale possa reggere alla complessità di una metropoli globale
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia



