Londra, il vertice della svolta: l’Europa prova a prendersi la regia della pace in Ucraina

(ASI) È stato definito un “momento generazionale per la sicurezza del continente”. A Londra, il 2 marzo 2025, diciotto leader europei, insieme a Zelensky, alla NATO e ai vertici delle istituzioni UE, si sono stretti attorno al premier britannico Keir Starmer per tracciare una via alternativa alla pace in Ucraina.

Sul tavolo un piano di cessate il fuoco proposto da Regno Unito e Francia e la volontà di rafforzare la difesa europea, in un contesto segnato dalla frattura tra Kyiv e Washington.

L’incontro di Londra si è svolto pochi giorni dopo la scena senza precedenti alla Casa Bianca: Donald Trump e il suo vicepresidente JD Vance che, davanti alle telecamere, accusano Zelensky di “ingratitudine” e di “rischiare la Terza guerra mondiale”. Uno spettacolo che ha indignato l’Europa e galvanizzato Mosca.

La risposta è stata immediata. Starmer ha “alzato il telefono” per ricompattare i leader europei, determinato a dimostrare che il Vecchio Continente non può limitarsi al ruolo di spettatore mentre gli Stati Uniti trattano direttamente con Putin.

Dal salone di Lancaster House, il premier britannico ha scandito le priorità:

  • difendere la sovranità ucraina con garanzie di sicurezza robuste;
  • rafforzare la difesa europea con nuovi investimenti e cooperazione industriale;
  • evitare i “cattivi accordi” che in passato hanno lasciato spazio alle successive invasioni russe.

“Non ci saranno colloqui su Kyiv senza Kyiv”, ha ribadito, delineando la linea rossa europea contro ogni ipotesi di accordo bilaterale USA-Russia.

Tra le proposte emerse, quella franco-britannica sembra la più concreta:

  • una tregua di un mese limitata a cielo, mari e infrastrutture energetiche;
  • una seconda fase di coinvolgimento sul terreno, da discutere solo in caso di intesa sostanziale.

Macron ha spiegato a Le Figaro che si tratta di una formula “facilmente verificabile”: “Misurare una pausa nei bombardamenti aerei o negli attacchi missilistici è possibile. Controllare una linea di fronte terrestre è molto più difficile”.

Per ora, Parigi e Londra escludono l’invio immediato di truppe europee sul suolo ucraino, ma continuano a lavorare a una “coalizione dei volenterosi” pronta a intervenire per garantire l’accordo, se e quando verrà firmato.

La presenza di Zelensky a Londra ha assunto un forte valore simbolico. Dopo la freddezza — se non l’ostilità — di Washington, il leader ucraino ha trovato in Europa un’accoglienza calorosa: un abbraccio di Starmer all’ingresso, un colloquio privato con Carlo III a Sandringham, strette di mano e foto di famiglia con Macron, Scholz, Meloni, Tusk e Trudeau.

L’unità dell’Europa è a un livello eccezionalmente alto, come non si vedeva da tempo”, ha commentato Zelensky su X, pur senza sbilanciarsi sul piano di cessate il fuoco. Ha ribadito invece che qualsiasi accordo dovrebbe cominciare con uno scambio di prigionieri e con il ritorno dei bambini deportati in Russia: “Solo così si potrà testare la volontà reale di Mosca per la pace”.

Oltre al piano diplomatico, il summit ha messo in chiaro un altro punto: l’Europa deve farsi carico della propria sicurezza. Starmer e Macron hanno spinto per aumentare la spesa militare comune, rassicurando Trump sul fatto che il continente non resterà dipendente a tempo indeterminato dagli Stati Uniti.

Londra ha annunciato due pacchetti concreti:

  • l’anticipo di 2,8 miliardi di dollari in prestiti per la produzione bellica in Ucraina;
  • un accordo per 5.000 missili di difesa aerea prodotti a Belfast, finanziati tramite 1,6 miliardi di sterline di export finance.

Un messaggio chiaro: “pace attraverso la forza”, come l’ha definita Starmer.

Da Mosca, la reazione non si è fatta attendere. Il portavoce del Cremlino ha accusato Zelensky di “totale mancanza di abilità diplomatica” e ha parlato di una “frammentazione irreversibile dell’unità occidentale”. In realtà, il summit londinese ha mostrato un’immagine opposta: quella di un’Europa che prova a compattarsi per evitare che Trump gestisca in solitaria i negoziati.

Resta però un nodo centrale: senza Washington, difficilmente un piano europeo potrà tradursi in accordo.

Tommaso Maiorca – Agenzia Stampa Italia

 

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