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I diktat salvano la Bce e non la Grecia

(ASI) Ieri nelle piazze di Atene e Salonicco è montata la protesta, il popolo greco, già dal pomeriggio, si era dato appuntamento davanti alla sede del Parlamento dove nella serata è stato varato con 199 voti favorevoli il “pacchetto lacrime e sangue” ordinato dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. In piazza Syntagma giovani e meno giovani hanno affrontato i reparti anti sommossa della polizia greca con molotv e bombe carta, hanno urlato la loro rabbia e il loro sdegno contro la politica dell’alta finanza.

Agenzia Stampa Italia ne parla con Marco Cedolin che in più occasioni si è occupato della delicata situazione in Grecia.

Partiamo dall’inizio. A cosa è dovuta la crisi greca?

Ufficialmente viene imputata ad un debito pubblico andato fuori controllo, comportando il fatto che la Grecia non sia più in grado di fare fronte ai propri impegni economici. In realtà il problema è molto più complesso, dal momento che è tutto il sistema marcio della finanza globale, declinato attraverso la BCE, l’FMI e l’euro ad avere innescato il disastro, deprivando gli stati della propria sovranità monetaria, speculando finanziariamente sulle loro disavventure e creando i presupposti per il loro annientamento. La Grecia in questo senso è solo il primo di una lunga lista di paesi che lo seguiranno a ruota, condividendo la stessa tragedia.

Il “pacchetto lacrime e sangue” è stato varato. Cosa comporterà?

Sostanzialmente si tratta di una riproposizione delle lacrime e sangue già varate due anni fa da Papandreu. Riduzione del 20% del salario minimo garantito, diminuzione delle pensioni, drastico taglio dei finanziamenti agli ospedali e al sistema sanitario, corposi licenziamenti nel settore pubblico, dismissione del patrimonio statale che verrà ceduto ad investitori esteri, solo per citare i punti più eclatanti.

Papademos ha promesso crescita ed occupazione…

Papademos ha mentito spudoratamente, sapendo di mentire, ma si tratta di uno sport molto in voga fra i banchieri che stanno sostituendosi ai politici, nel prendere in mano in prima persona il governo dei paesi. Neppure il più incompetente fra gli economisti potrebbe mai affermare che una drastica riduzione del potere di acquisto dei cittadini, sommata all’eutanasia dello stato sociale, si possa in qualche misura rivelare prodromica di una presunta ripresa dell’economia greca. La misura in realtà ha carattere puramente recessivo, ma naturalmente nessuno (neppure un banchiere) potrebbe dire al popolo vi faremo diventare più poveri e poi in prospettiva ancora molto, ma molto più poveri. Meglio vaticinare di crescita ed occupazione, con la speranza che il mantra della società sviluppista continui a funzionare anche quando esperito a livello di pura fantasia.

Come sempre, appena il popolo si ribella, vengono fuori i famigerati black bloc. Lo abbiamo visto anche in Italia in diverse situazioni. Ieri, nonostante le foto e i filmati che ritraggono giovani, meno giovani e intere famiglie nelle proteste, molti media di massa intitolavano, più o meno, così: “Black bloc scatenati ad Atene”. Sa meglio di me che l’uso di determinate parole può “plagiare” emotivamente l’interlocutore. Perché questo accade? Può far paura il popolo unito in rivolta?

Il condizionamento di massa praticato dai media mainstream ha imposto alle masse il terrore nei confronti della violenza, stigmatizzando come violento il comportamento di chiunque si ribelli. Perfino scrivere su un muro o indossare un passamontagna o una maschera antigas, sono diventati gesti di “violenza aberrante” da stigmatizzare con orrore. Mentre al contrario i pensionati che muoiono di freddo nelle loro case, perché privati di un reddito sufficiente a sopravvivere ed i bambini denutriti che in Grecia stanno aumentando in maniera esponenziale, nonostante siano elementi di vera violenza, vengono dipinti come calamità di cui nessuno ha responsabilità.
Su questo humus di non-cultura e riflessi condizionati, s’innesca la leggenda metropolitana dei black bloc, buona per screditare chiunque lotti per i propri diritti e il proprio futuro.

Possiamo dire che la Grecia di oggi è l’Italia di domani?

La Grecia di oggi è sicuramente l’Italia di domani, così’ come le misure imposte ad Atene un paio di anni fa, sono in tutto e per tutto simili a quelle varate dal governo Monti in questo periodo, con l’eccezione della macelleria occupazionale che non è stata ancora portata a termine. I parallelismi non si limitano al banchiere al governo e alle lacrime e sangue, anche guardando la questione globalmente è facile apprezzare una completa identità fra le ragioni usate per spingere nel baratro la Grecia e quelle utilizzate per portare avanti il diktat della Bce nei confronti dell’Italia. E non si tratta solo dell’Italia, anche Portogallo, Spagna ed altre nazioni si trovano in una situazione molto simile. Non mi stancherò mai di ripetere come ci si trovi di fronte ad un progetto di carattere globale, dal quale usciremo tutti massacrati, senza distinzione.

E il popolo italiano, come risponderà? Saremo black bloc anche noi?

Come ho avuto modo di scrivere qualche giorno fa, in Italia a questo riguardo la situazione è molto anomala. Da quando Monti è al governo, nonostante abbia già prodotto attraverso nuove tasse ed altre alchimie, danni considerevoli al potere di acquisto dei cittadini ed abbia di fatto sentenziato la soppressione delle pensioni per le nuove generazioni, non ci sono state proteste degne di nota e la “pace sociale” sembra più solida di quanto non lo fosse da almeno un paio di decenni.
Questo dipende dal fatto che Monti, prima d’iniziare il proprio incarico si è preoccupato di cooptare, con vari mezzi, tutti quei soggetti che abitualmente chiamavano la gente in piazza per protestare. I cittadini italiani in un certo senso sono orfani di chi praticava la “chiamata alle armi” e oggi distrattamente resta voltato dall’altra parte. Solamente attraverso l’autodeterminazione potremmo aspirare a diventare “black bloc” anche noi.

Qualche giorno fa, il principale sindacato della polizia greca, la Poasy, aveva accusato l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale di “aver clandestinamente abolito la democrazia e la sovranità nazionale” e aveva chiesto alle autorità competenti di emettere un mandato di arresto a carico dei rappresentanti in Grecia della cosiddetta troika (Poul Thomsen del Fondo Monetario Internazionale, Servaz Deruz della Commissione Europea e Klaus Mazuch della Bce). Appena ho letto la notizia, mi sono chiesto se i sindacati italiani delle forze dell’ordine, potrebbero mai fare una cosa così eclatante. Cosa ne pensa?

Anche se in misura molto minore, perfino da noi è accaduto qualcosa di simile, quando qualche mese fa un sindacato di polizia rivelò provocatoriamente l’intenzione di sparare i lacrimogeni nel parlamento, pur trattandosi ovviamente di una boutade finalizzata a dare peso ad alcune rivendicazioni di carattere sindacale. In realtà i poliziotti generalmente fanno il proprio mestiere, che sta diventando sempre più spesso quello di reprimere i cittadini che protestano. E qualsiasi governo è cosciente di come sia una priorità quella di garantire alle forze dell’ordine adeguati privilegi, al fine di evitare di perderne la fedeltà. Solamente qualora la crisi economica in Italia si aggravasse fino al punto in cui ci fossero i bimbi che spirano in strada per malnutrizione, questo equilibrio potrebbe venire compromesso.

Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai sette miliardi di euro, il 18,2% in più rispetto al 2011. Come è possibile essere in crisi ed avere gli arsenali pieni? Sul Corriere della Sera, in un articolo di Marco Nese si legge: “i due leader europei (Merkel e Sarkozy ndr) mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra”. Insomma, oltre il danno la beffa…

Tutto in questa crisi, costruita scientemente nei bugigattoli di Bruxelles, ha l’amaro sapore della beffa. Le spese in armamenti e in missioni di guerra, funzionali esclusivamente a sostenere l’industria bellica e le guerre imperialiste americane, anziché venire tagliate alla stessa stregua dei salari, vengono incrementate a dismisura ed imposte coercitivamente ai singoli stati. Lacrime, sangue ed armi, questo trittico dall’odore mefitico dovrebbe bastare esso solo, per indurre anche i molti benpensanti a porsi qualche domanda.

 

 

 

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