(ASI) La decisione del Brasile di porre il veto all’ingresso del Venezuela nei Brics continua a far discutre, soprattutto a Caracas dove la decisione continua a non essere accettata.
“Il Brasile è il cavallo di Troia di Washington, la politica egemonica del Nord contro il Sud globale va fermata” è il duro atto d’accusa della vicepresidente del Venezuela e ministro del Petrolio, Delcy Rodríguez.
Quello della rappresentante del Venezuela è un diretto attacco al governo di Luiz Inacio Lula da Silva reo di essere “l’unico Paese che si è opposto all'ingresso del Venezuela nei Brics” a suo dire per “atomizzare questo nuovo mondo che sta prendendo forma”.
Prendendo la parola in occasione dell’ultimo giorno del cosiddetto Forum parlamentare mondiale antifascista, che riunisce a Caracas circa 300 delegati di 70 Paesi “amici” del chavismo Rodríguez ha criticato le “potenze egemoniche” dell'Occidenteche ricorda “hanno imposto 37.433 misure coercitive unilaterali” a Paesi di tutto il mondo, il 91% delle quali sono state applicate a grandi produttori di energia come Russia, Iran, Siria, Iraq e Venezuela. Dietro a tutto questo c'è una politica molto chiara di accaparramento delle risorse energetiche dei produttori mondiali di energia per la guerra”.
A ben vedere la questione però è molto più complessa di come la legge la Rodriguez. Per anni il Brasile di Lula e il Venezuela di Chavez sono state le due potenze egemoni del continente indiolatino proponendo due idee simili ma diverse di socialismo, con Caracas sempre più distante da Washington rispetto a Brasilia con i due paesi che si rispettavano ma ovviamente guardavano ai propri interessi.
Oggi il Venezuela, soprattutto a causa delle sanzioni imposte in modo unilaterale dagli Usa, versa in una grave crisi economica e politica ed è probabile che il Brasile voglia trovare il modo per essere l’unica potenza della regione evitando che Caracas possa riprendersi a breve.
Fabrizio Di Ernesto per Agenzia Stampa Italia