Argentina, Milei rinuncia a terapia d’urto contro l’inflazione

(ASI) Il presidente argentino Javier Milei è costretto a rivedere il suo programma economico per tenere a freno l’inflazione nel paese indiolatino, la motivazione è semplice: sta perdendo il sostegno popolare.

Nonostante i grandi annunci dei mesi scorsi e l’approvazione della Legge Base che prevede lacrime e sangue per il paese l’ultraliberista ha infatti rinviato gli aumenti delle tasse sul carburante e dei prezzi dei servizi pubblici che insieme avrebbero aggiunto 1,2 punti percentuali all’inflazione mensile, secondo l’agenzia di rating JPMorgan Chase & Co. Va inoltre ricordato che le tariffe ferroviarie nel paese sono congelate da magio mentre il prezzo dei biglietti per i mezzi pubblici è bloccato da aprile.

Nonostante nei primi mesi del suo mandato l’inflazione nel paese sia diminuita nel mese di giugno questa è raddoppiata con affermato Nicolas Gadano, capo economista della società di consulenza Empiria di Buenos Aires che ha spiegato: “Il governo ha iniziato a concentrarsi così tanto sul raggiungimento di un rallentamento duraturo dell'inflazione che ha iniziato a lasciare da parte gli altri obiettivi” aggiungendo “rinviare ulteriori aggiustamenti dei prezzi significa che i successi in termini di inflazione sono un po’ di pane per oggi, ma fame per domani”.

La cura dell’economia promessa dal politico filoatlantico non sembra poter dare i risultati sperati visti e dopo che a dicembre il peso argentino è stato svalutato del 54% il governo ha respinto le richieste di accelerare il deprezzamento mensile del 2% del tasso ufficiale del peso, noto come crawling peg – o di eliminare del tutto i controlli sui capitali – perché temono che un taglio più rapido non farebbe altro che aumentare i prezzi. Di conseguenza, gli esportatori stanno trattenendo la produzione di semi di soia e l’accumulo di riserve da parte della banca centrale si è fermato.

Fabrizio Di Ernesto  -  Agenzia Stampa Italia

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