(ASI) Kyiv – Assistenza politica, finanziaria, militare, ulteriore inasprimento delle relazioni con la Federazione russa: è trascorsa nel segno di importanti promesse la più recente visita di Charles Michel a Kyiv.
Il presidente del Consiglio europeo – l’organo incaricato di delineare la linea politica dell’Unione – il 19 gennaio ha incontrato Volodymir Zelensky e ha pronunciato un discorso ricco di enfasi nella gremita Verchovna Rada, sede del Parlamento ucraino.
A ridosso degli infuocati combattimenti a Soledar e Bahmut e dell’attacco a un condominio di Dnipro che ha provocato decine di vittime inermi, Michel si è detto “inorridito dalla brutalità della Russia”. Il politico ha parlato di una “strategia di distruzione sistematica” avente l’obiettivo ultimo di spostare indietro le lancette del tempo e riportare il paese sotto la sfera d’influenza del Cremlino.
A parere del capo del Consiglio, i drammatici avvenimenti in corso hanno infranto il sogno europeo di garantire un lungo periodo di pace e prosperità a un mondo uscito con le ossa rotte dalla Seconda guerra mondiale. Al posto della libertà, della democrazia, della solidarietà fra i popoli, Vladimir Putin sta cercando di plasmare un sistema dove è la devastazione delle armi, è la forza del più forte a dettare le regole. Per questo, ogni colpo sferrato è in realtà un colpo al cuore dell’Europa: “Sparando missili contro l'Ucraina, la Russia prende di mira i valori fondanti l'Ue. Aggredisce i cardini della nostra Unione. È un assalto a tutti noi: ai nostri valori, alla nostra sicurezza comune”.
Alla cieca violenza moscovita Michel ha opposto il coraggio dei soldati e delle persone ucraine, impegnate in una resistenza coriacea nonostante le asperità della stagione fredda e la distruzione sistematica delle infrastrutture strategiche. Di fronte al Parlamento affollato di deputati, egli ha paragonato la tenacia della popolazione allo spirito che animò l’operato di Winston Churchill e Nelson Mandela. Militari e civili che oggi combattono per la libertà così come un giorno Churchill lottò contro l’avanzata di Hitler e come Mandela affrontò le sopraffazioni, le ingiustizie del regime di segregazione razziale.
Un discorso accorato, in cui Michel ha colto l’occasione per dimostrare con azioni tangibili la vicinanza di Bruxelles all’esecutivo di Zelensky. A cominciare dalla concessione ufficiale, lo scorso giugno, dello status di paese candidato all’ingresso nell’Ue: “L'Ucraina è l'Ue e l'Ue è l'Ucraina. Lavoreremo per trasformare questa promessa in realtà il più rapidamente possibile”. Una mossa dalla profonda valenza simbolica e attuata in tempi assai rapidi, se si considera che di solito il procedimento richiede diversi anni di interlocuzioni diplomatiche.
Ma anche una scelta piuttosto dibattuta fra gli Stati membri, dal momento che l’ordinamento ucraino è ancora lontano dall’essere in linea con i requisiti necessari all’adesione. L’esempio più recente riguarda la nuova legge sui media, che di fatto estende in maniera incontrollata i poteri del governo sui mezzi di informazione cartacei, televisivi e digitali. La misura ha innescato la dura reazione della Federazione internazionale dei giornalisti, che non ha esitato a parlare di “minaccia alla libertà di stampa”. Del medesimo avviso la Federazione europea dei cronisti. La presidente Maja Sever ha affermato come il dovere di solidarietà dinanzi l’aggressione russa non debba impedire di criticare disposizioni che “minano il diritto dei cittadini a un'informazione credibile, pluralista, indipendente”.
Nel discorso ha trovato spazio il riferimento alla cospicua assistenza finanziaria fornita dall’Unione alle casse statali di Kyiv. Il totale ammonta finora a quasi 50 miliardi di euro, di cui 18 saranno destinati al sostegno al bilancio nel corso del 2023. In relazione al settore militare, la spesa sfiora gli 11 miliardi. Bruxelles, inoltre, lo scorso novembre ha dato il via alla missione “EUMAM Ukraine”. Si tratta di una missione di formazione tesa a addestrare 15.000 soldati “a difendere il territorio e proteggere la popolazione civile”. All’attività sul campo si aggiungerà, per due anni, un’ulteriore misura del valore di 16 milioni. Adottata dal Consiglio europeo, essa potenzierà “EUMAM Ukraine” offrendo munizioni, piattaforme e attrezzature militari e contribuendo al trasporto, alla manutenzione e alla riparazione delle attrezzature.
Michel ha poi assicurato i deputati della Verchovna Rada circa la ferrea volontà di “isolare la Russia”. L’intento è quello di accrescere la pressione internazionale e logorare la resistenza dei fedelissimi di Putin indebolendone, così, le intenzioni bellicose. Secondo il politico, l’Europa ha già congelato oltre 300 miliardi di euro di beni riconducibili a oligarchi leali al Cremlino. Soldi che torneranno utili quando arriverà il momento di abbattere le macerie e avviare il processo di ricostruzione dell’Ucraina.
Relativamente alla questione delle sanzioni economiche, Michel ha lasciato intendere che Bruxelles è pronta a proseguire sulla strada dell’inflessibilità: “L'Unione ha finora adottato nove pacchetti molto severi e non è finita qui”. L’argomento, tuttavia, è molto più spinoso di quanto potrebbe sembrare. La deliberazione di ulteriori misure, infatti, incontra costantemente i mal di pancia degli Stati membri in maggior misura dipendenti dalle materie prime e dalle fonti energetiche russe. Un esempio evidente è rappresentato dall’Ungheria di Viktor Orbán. Il Primo ministro magiaro ha fatto di tutto per bloccare le restrizioni precedenti e, in nome della salvaguardia degli interessi nazionali, ha già annunciato che apporrà il veto su un eventuale decimo pacchetto.
Michel ha congedato il Parlamento di Kyiv con toni rassicuranti: “Resteremo al vostro fianco per tutto il tempo necessario. Non esiste un'Europa indipendente e sicura senza un'Ucraina indipendente e sicura. Non c’è un'Europa libera senza un'Ucraina libera”. Eppure, mentre si alza sempre più il livello dello scontro, la strada per la pace appare ancora fin troppo in salita. Mentre si avvicina lo spettro nucleare, nella Verchovna Rada non è risuonata nemmeno una parola sulla possibilità di percorrere la via della diplomazia e della mediazione.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia