“Procediamo insieme nella stessa direzione”: scritto un nuovo capitolo nelle relazioni fra Europa e Balcani occidentali

(ASI) Tirana – Soldi, cooperazione, migrazioni, democrazia: ruota attorno a questioni di scottante attualità il rinsaldamento dei rapporti fra Bruxelles e i governi di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Kosovo, Macedonia del Nord, Serbia. Un legame più che mai importante per l’Unione europea, desiderosa di contrastare le influenze russe ai propri confini orientali ai tempi della guerra in Ucraina.

Per la prima volta, lo scorso 6 dicembre i capi delle principali istituzioni europee hanno abbandonato le sedi di rappresentanza e si sono recati di persona nella capitale albanese per partecipare al vertice Ue-Balcani occidentali. A fare da padrone di casa il Primo ministro Edi Rama, presidente del Partito socialista albanese ed ex ministro degli Esteri e degli Affari europei. Un gesto inedito, dalla forte valenza simbolica, mirato a far percepire agli interlocutori balcanici la vicinanza dell’Unione in un momento in cui conflitti e instabilità sembrano voler mutare radicalmente il corso della storia.

Ma a Tirana c’è stato spazio anche per azioni concrete. La prima riguarda la risposta agli effetti devastanti dell’invasione dell’Ucraina. Nel breve e nel medio termine l’Unione attingerà ai fondi comunitari ed elargirà corposi pacchetti di aiuti volti a stimolare l’economia dell’area balcanica. 500 milioni di euro sosterranno le famiglie e le piccole e medie imprese danneggiate dall’aumento generalizzato dei costi. Altri 500 milioni serviranno ad attenuare la dipendenza energetica dal Cremlino. Gli investimenti europei si concentreranno sull’ottimizzazione delle infrastrutture per il gas e l'elettricità e sul miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici. Particolare attenzione sarà riservata alla transizione verso fonti sostenibili, grazie ai finanziamenti per la produzione di energia rinnovabile.

L’Unione, inoltre, si è detta pronta a coinvolgere i legislatori locali nel meccanismo di acquisto comune di gas, metano, idrogeno. La domanda proveniente dai Balcani sarà integrata nel fabbisogno europeo, in modo da poter contrattare con i rivenditori maggiori volumi di materia prima a un prezzo più conveniente. Non solo: Bruxelles sta predisponendo un ulteriore maxi pacchetto da quasi 30 miliardi da investire nella diversificazione delle forniture energetiche e nella modernizzazione degli impianti di collegamento. Per quanto riguarda il settore agricolo, 560 milioni erogati nei prossimi sette anni contribuiranno a sviluppare la redditività delle zone rurali e attenuare, così, la crisi alimentare innescata dal conflitto ucraino.

I partecipanti al vertice hanno poi preso in esame il tema della sicurezza e della difesa. Negli ultimi anni i Balcani occidentali hanno iniziato ad appoggiare con uomini e risorse le missioni speciali della Politica di sicurezza e di difesa comune, uno dei pilastri della politica estera europea. Tuttavia, il rapido avanzamento della tecnologia sta trasformando alla radice la natura delle minacce esterne. Per questo motivo, i capi europei e i sei Primi ministri si sono impegnati a intensificare la cooperazione contro i sempre più frequenti attacchi informatici, capaci di compromettere l’amministrazione dello Stato e il regolare funzionamento dei servizi pubblici.

Le negoziazioni hanno interessato anche il contrasto alla diffusione deliberata di notizie false, le fake news. La tecnica è spesso utilizzata da esperti al soldo della Federazione russa e colpisce maggiormente il sistema mediatico balcanico. La fabbricazione seriale di notizie fraudolente o l’attenta manipolazione di fatti reali prende di mira soprattutto le iniziative e le politiche promosse dall’Europa nella regione. L’intento è quello di screditare l’immagine di Bruxelles agli occhi dell’opinione pubblica e attirare verso Mosca le simpatie dei cittadini. L’Unione ha promesso, in merito, di finanziare progetti educativi per aiutare la società civile a riconoscere la disinformazione. Inoltre, ha concordato con i governanti locali strategie innovative per comunicare in modo coinvolgente alla cittadinanza tutti i vantaggi offerti dall’Europa.

A Tirana si è discusso pure di uno dei nodi più rilevanti dell’epoca contemporanea. La tristemente nota “rotta balcanica”, del resto, è il crocevia che i migranti sono chiamati ad affrontare nel disperato tentativo di valicare i confini europei da Oriente. Una via crucis in cui a più riprese le autorità locali sono state accusate di violare pesantemente i diritti umani fondamentali dei richiedenti asilo. Una vertenza spinosa per l’Unione, costretta a fare i conti con le percosse, le umiliazioni, le vessazioni di ogni tipo denunciate dalle vittime e, al contempo, a reprimere i mal di pancia in seno ai paesi transfrontalieri. Malumori crescenti, che fanno riaffiorare antichi nazionalismi. Ideologie riluttanti all’accoglienza dei profughi e per questo potenzialmente dannose per il clima di serena collaborazione e reciproca solidarietà auspicato da Bruxelles.

“La migrazione è una sfida condivisa. Abbiamo un forte interesse comune a cooperare strettamente. Siamo insieme e dobbiamo gestire il tema insieme. È fondamentale per noi andare avanti” ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa conclusiva dell’evento. L’Unione ha già stanziato 170 milioni di euro per razionalizzare il sistema di asilo della regione, rafforzare la protezione delle frontiere, combattere le reti di contrabbando e la criminalità organizzata. La presidente della Commissione ha annunciato l'arrivo di ulteriori 70 milioni di fondi comunitari. Ha poi esortato gli esecutivi locali a velocizzare laddove necessario le procedure di rimpatrio, ad esempio concludendo accordi di riammissione con i paesi di provenienza dei migranti.

Altro punto focale è la collaborazione politica ed economica fra Europa e Balcani occidentali. Bruxelles ha lasciato intendere che si aspetta un maggiore allineamento ai valori occidentali di democrazia e stato di diritto, ivi compresi un settore giudiziario sano e indipendente e la lotta alla corruzione. “L'Ue ricorda l'importanza di proseguire le riforme sia a beneficio dei cittadini sia come base per un continuo sostegno da parte dell’Ue” si legge nel comunicato congiunto redatto al termine dei lavori. Il messaggio è chiaro: l’interlocuzione con l’Unione – e quindi la possibilità di ricevere finanziamenti dalla stessa – rimane inderogabilmente vincolata alla piena adozione dei suoi principi di democrazia, libertà, pace.

È senza dubbio questo un punto dolente per i Balcani. Figli di una storia travagliata fatta di dominazioni straniere e accorate aspirazioni all’indipendenza, in seguito al crollo del regime comunista i sei Stati non hanno mai saputo trovare la strada per la pace. Al contrario, una drammatica scia di brutalità ha sovente fatto scorrere il sangue fra le molteplici minoranze etniche e religiose che abitano la regione.

L’ultima delle tante, troppe tensioni si è manifestata solo qualche giorno fa. A scaldare gli animi è stata la decisione delle autorità di Pristina di uniformare alle proprie le targhe automobilistiche della minoranza serba residente in Kosovo. Un provvedimento controverso, interpretato come una futile provocazione. Sullo sfondo, l’annosa diatriba territoriale tra Kosovo e Serbia e la netta opposizione di quest’ultima a riconoscere ufficialmente l’indipendenza del Kosovo.

Dopo quanto avvenuto negli Anni Novanta, il timore di una nuova, cruenta ondata di violenza ha subito messo in allarme la diplomazia occidentale. Il tema è quindi entrato con prepotenza nelle trattative del vertice, anche perché entrambi i pretendenti ambiscono già da tempo a aderire all’Unione. L’Europa ha incoraggiato a “dirimere le questioni radicate nell'eredità del passato in linea con il diritto internazionale”. Il comunicato congiunto lancia a Belgrado e Pristina un monito preciso: “L’Unione sollecita entrambe le parti a impegnarsi in modo costruttivo per risolvere le controversie bilaterali e ad astenersi da azioni unilaterali e provocatorie. L’Ue si aspetta progressi concreti verso un accordo vincolante sulla normalizzazione delle relazioni. Ciò è fondamentale per garantire che le parti possano proseguire i rispettivi percorsi di integrazione europea”.

A margine dell’evento von der Leyen si è mostrata soddisfatta per una discussione “molto profonda e franca”. Parlando a nome dell’Unione, ai colleghi balcanici ha ribadito: “Il nostro sostegno alla regione viene dal profondo del cuore. Siamo fortemente convinti che siamo fatti l'uno per l'altro”. Del medesimo avviso il presidente del Consiglio europeo, assai fiducioso sull’esito del processo di integrazione: “Il futuro dei nostri figli sarà più sicuro e più prospero con i Balcani occidentali all'interno dell'Unione”. Charles Michel si è professato ottimista sulla prospettiva di un progressivo avvicinamento dei due mercati interni, senza però dimenticare la necessità di riforme inerenti allo stato di diritto, l’indipendenza della magistratura, il contrasto alla corruzione. Guardando all’avvenire, Michel ha auspicato una solida collaborazione a difesa dei valori democratici: “Procediamo insieme nella stessa direzione per costruire un'Unione europea solida, stabile e prospera”.

Termini fin troppo calorosi, che sottintendono il vivo desiderio di Bruxelles di attirare nella propria sfera di influenza i Balcani occidentali. Con la guerra in Ucraina ancora in corso, si tratta di una priorità assoluta. Basta considerare, infatti, che il Cremlino esercita un forte ascendente in particolare sulla Serbia, di cui promuove apertamente le rivendicazioni territoriali. A Belgrado i sondaggi fotografano un’opinione pubblica sbilanciata in favore di Mosca, ma la situazione è alquanto differente negli altri cinque paesi. Tuttavia, in passato la spinta europeista balcanica è stata più volte frenata dalla stessa Bruxelles, la quale ha rallentato il percorso di integrazione subordinandolo all’approvazione di riforme democratiche credibili da parte dei parlamenti locali.

L’offensiva di Putin in Ucraina sembra aver conferito nuovo slancio alle negoziazioni. Eppure, mentre le bombe continuano a uccidere, l’incertezza regna sovrana sul fragile scenario internazionale.

Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia

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