Cina. La leadership si compatta per affrontare la bufera globale, preoccupazione per l'UE

(ASI) Si è concluso ieri, martedì 27 dicembre, l'ultimo vertice dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC).

Dopo l'incontro di metà mese della Conferenza Centrale sul Lavoro Economico, che aveva indicato le priorità per lo sviluppo da seguire nel prossimo anno, questo nuovo consesso ha posto invece l'accento sull'unità della dirigenza politica, ritenuta necessaria per implementare le principali decisioni e i piani più importanti emersi dal XX Congresso del PCC dello scorso ottobre.

Come riporta Xinhua, il presidente Xi Jinping, nel discorso tenuto durante l'incontro su critica ed autocritica, ha messo in luce alcuni obiettivi-quadro per l'immediato futuro, orientati a consolidare e compattare il gruppo dirigente a tutti i livelli.

Tra le varie direttrici sono state ribadite alcune indicazioni fondamentali: applicare pienamente il Pensiero sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era, contributo teorico dello stesso Xi, inserito nel 2017 sia in Costituzione che nello Statuto del PCC; sviluppare una profonda comprensione in merito alla decisiva importanza di stabilire tanto la posizione fondamentale di Xi all'interno del Comitato Centrale e del Partito nella sua interezza quanto il ruolo-guida del suo pensiero; rafforzare la consapevolezza della necessità di conservare l'integrità politica, pensare in termini di quadro generale, seguire il nucleo dirigente e mantenersi allineati alla leadership centrale del Partito; inoltre, preservare la fiducia nel percorso, nella teoria, nel sistema e nella cultura del socialismo con caratteristiche cinesi.

Se il XX Congresso aveva riconfermato Xi per un inedito terzo mandato da segretario generale del PCC, aprendo le porte ad un parallelo terzo mandato presidenziale che dovrà essere conferito nel prossimo mese di marzo, questo vertice del Politburo ha puntellato la classe dirigente in un anno definito «estremamente importante per il Partito e per il Paese».

Prima e durante i lavori di ottobre, diversi media stranieri avevano ipotizzato forti spaccature interne alla leadership, cercando di interpretare le dinamiche cinesi secondo criteri che le sono sostanzialmente estranei. Se nel Paese, e nel Partito stesso, esiste una dialettica molto più vivace di quanto si è soliti pensare in Europa, tuttavia questa non segue logiche riconducibili alle nostre democrazie liberali. Sebbene influenzata dal pensiero occidentale per gran parte del Novecento, come testimoniano le vicende di Sun Yat-sen, prima, e di Mao Zedong, poi, la cultura politica del gigante asiatico resta infatti saldamente ancorata alla tradizione e ai classici del pensiero cinese.

Più che una presunta bramosia di potere - spiegazione già di per sé piuttosto debole e demagogica - è semmai l'eccezionalità della situazione interna ed internazionale ad aver spinto il Politburo e la dirigenza nel suo insieme a confermare per altri cinque anni Xi Jinping. L'emergenza Covid-19, infatti, non ha mollato la presa sino a poco tempo fa. Nel frattempo, lo scoppio della guerra in Ucraina, alla fine di febbraio, ha ulteriormente sconvolto le catene globali di approvvigionamento, già pesantemente segnate dalla pandemia.

Soltanto in queste ultime settimane il governo ha cominciato a rivedere in modo significativo la controversa politica zero-Covid, che tanto ha fatto discutere nell'ultimo anno ma che le autorità cinesi avevano ritenuto necessaria per impedire che le nuove varianti del virus dilagassero nelle affollate metropoli del Paese, rischiando di intasare i reparti ospedalieri. La graduale rimozione delle misure più drastiche, comunicata in questi ultimi giorni, è il preludio ad un pieno ritorno alla normalità nel 2023, fondamentale per consentire all'economia di ripartire con decisione dopo una crescita che nel 2022, pur mantenendosi in territorio decisamente positivo, resterà comunque al di sotto dell'obiettivo fissato ad inizio anno (+5,5%).

Le sanzioni comminate contro Mosca da Washington e Bruxelles hanno innescato una crisi energetica senza precedenti recenti, impattando inesorabilmente su un'inflazione già in aumento a partire dalla seconda metà del 2021. Molti esperti sono da tempo concordi nel ritenere che l'UE, ed in particolare l'Eurozona, sia a forte rischio stagflazione per il 2023: uno scenario allarmante, da cui potrebbero essere necessari diversi anni per uscire. La Cina, che è primo fornitore di beni per l'UE e terzo mercato di destinazione per l'export di beni UE, è seriamente preoccupata da queste prospettive fosche.

Durante il vertice del Politburo, si è fatto esplicito riferimento ad un «ambiente internazionale fatto di venti forti ed acque agitate», di fronte al quale Pechino intende «affrontare le sfide frontalmente, garantendo una complessiva stabilità economica e sociale». Le somme dell'anno in corso, stilate durante l'incontro, sottolineano alcuni aspetti positivi da cui poter ripartire: oltre alla crescita, già menzionata, anche la stabilità del mercato del lavoro e dei prezzi, nonché la buona performance della bilancia dei pagamenti.

Notizie confortanti anche dal fronte dell'approvvigionamento alimentare, altro fattore di crisi legato alla guerra in Ucraina: quest'anno, ottavo di fila, la produzione cinese di grano ha superato quota 650 milioni di tonnellate. Nel rapporto stilato durante il vertice viene messo in chiaro che sono stati garantiti, senza particolari problemi, anche la sicurezza energetica e il benessere sociale.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 
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