(ASI) La notizia è stata pubblicata soltanto nel giorno di Santo Stefano ma l'accordo tra Cina e Cuba sull'iniziativa Belt and Road (BRI), meglio nota all'opinione pubblica col nome di Nuova Via della Seta, era stato firmato due giorni prima da Ricardo Cabrisas, vice primo ministro del governo caraibico, e He Lifeng, direttore della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, il più importante organo di pianificazione economica del gigante asiatico.
La vicinanza tra i due Paesi non è certo una novità. Pechino e L'Avana, anche per effetto della storica amicizia tra i partiti comunisti alla guida dei rispettivi governi, hanno sempre mantenuto rapporti particolari, specie dopo la caduta dell'Unione Sovietica nel 1991. L'accordo del 24 dicembre scorso, che segna l'effettiva attuazione del Memorandum d'Intesa siglato nel 2018, mette così nero su bianco i contenuti e i progetti strategici della cooperazione bilaterale nel quadro della BRI in materia di infrastrutture, tecnologia, cultura, istruzione, turismo, energia, comunicazioni e biotecnologie [ACN, 25/12/2021]: tutti ambiti di sviluppo che, come riporta il Global Times, si intersecano con i piani già pensati da Cuba nel breve e nel lungo periodo.
Intervistato dallo stesso tabloid quotidiano cinese in lingua inglese, Zhou Zhiwei, ricercatore di studi sull'America Latina presso l'Accademia Cinese di Scienze Sociali, ha osservato nei giorni scorsi che le due economie mantengono una forte complementarietà: «Cuba è ricca di risorse minerarie e petrolifere ed è la principale fonte di nichel per la Cina. Il Paese ha anche un vasto potenziale di sviluppo nei settori dell'agricoltura e del turismo».
Dopo l'ingresso dell'Avana dello scorso ottobre nel partenariato sull'energia della BRI, che intende promuovere la transizione energetica nei 32 Paesi associati, anche il capitolo green ha assunto grande importanza nella cooperazione bilaterale. Secondo Zhou, infatti, oltre alle fonti tradizionali c'è molto spazio anche per quelle pulite dal momento che Cuba si è data l'obiettivo di raggiungere una quota del 24% di energie rinnovabili sul totale nazionale entro il 2030.
Guardando anche alla recente normalizzazione dei rapporti con il Nicaragua, che lo scorso 10 dicembre ha definitivamente riconosciuto la Risoluzione ONU 2758 del 1971, chiudendo le relazioni diplomatiche con Taiwan, la strategia di Pechino in America Centrale si sta facendo sempre più ambiziosa, destando seria preoccupazione alla Casa Bianca. La mossa del governo sandinista - che si aggiunge alle analoghe decisioni di Costa Rica (2007), Panama (2017), Repubblica Dominicana (2018) ed El Salvador (2018) - rafforza la posizione cinese in una regione storicamente condizionata dall'influenza economico-commerciale e dalle interferenze politico-militari di Washington sin dagli inizi del secolo scorso, specie a partire dall'apertura del Canale di Panama (1914), che ancora oggi connette l'Atlantico al Pacifico.
Nel 2013, Managua aveva approvato il progetto preliminare di Hong Kong Nicaragua Canal Development Investment (HKND), società guidata dall'imprenditore cinese Wang Jing, che avrebbe dovuto realizzare un canale artificiale transoceanico in Nicaragua, alternativo proprio a quello di Panama. Poco dopo il progetto si è fermato, principalmente per i timori legati al potenziale impatto ambientale dei lavori, ed è rimasto in sospeso. Nel frattempo, però, l'edilizia infrastrutturale in Cina ha fatto passi da gigante, in termini sia di tecniche di costruzione che di eco-compatibilità, con tante imprese che potrebbero essere interessate a partecipare se il governo locale riconsiderasse l'idea.
Ad esclusione delle Isole Vergini Americane e di Porto Rico, territori autonomi (non incorporati) degli Stati Uniti, sono 20 le nazioni indipendenti che compongono la regione: 7 continentali e 13 insulari. Nel 2019, il loro PIL aggregato ha raggiunto circa 541 miliardi di dollari, facendone potenzialmente la 22a economia al mondo, alle spalle della Polonia ma davanti alla Svezia. Come nel resto dell'America Latina, anche qui il SARS-CoV-2 ha colpito duramente le comunità e le economie locali, ma il ritorno alla piena funzionalità delle catene di approvvigionamento potrebbe generare una decisa ripresa nei prossimi tre anni e, soprattutto, stimolare nuovi investimenti da parte dei principali attori dell'Asia Orientale, interessati ad incrementare le loro relazioni coi Paesi posizionati dall'altra parte del Pacifico.
Nonostante la pandemia, l'iniziativa Belt and Road continua ad avanzare alla ricerca di nuovi partner: non solo in Asia, in Europa Orientale e in Africa Orientale ma anche nelle Americhe e in Oceania, dove la Cina è ancora ai ferri corti con l'Australia del primo ministro Scott Morrison ma mantiene buone relazioni con la Nuova Zelanda. Pechino e Wellington hanno già firmato nel marzo 2017 un Memorandum d'Intesa che contempla anche lo sviluppo di un percorso di cooperazione e scambi per sostenere la BRI, con varie opportunità previste per Wellington, tra cui proprio quella di fungere da corridoio tra la Cina e l'America Latina [NZCC, Belt and Road Initiative - A Strategic Pathway].
Altri spunti per il futuro della cooperazione tra il gigante asiatico ed il resto del mondo sotto le insegne della BRI provengono dalla pubblicazione di un nuovo rapporto dal titolo High-Quality Belt and Road Cooperation: Partnership on Connectivity, presentato lo scorso 17 dicembre, in occasione dell'ultimo vertice - aperto dal ministro degli Esteri Wang Yi - del Comitato Consultivo del Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale (BRF). Il Comitato è un ente no-profit fondato nel 2018 per rafforzare ed incrementare il livello del dibattito nel quadro del forum stesso, lanciato nel maggio 2017 quale principale piattaforma di cooperazione in seno alla BRI e suddiviso a sua volta in una serie di sotto-forum dedicati alle diverse aree di intervento.
Il rapporto raccoglie i risultati e le indicazioni emerse dai vertici 2019 e 2020 del Comitato Consultivo, fornendo anche un resoconto dei primi otto anni di vita dell'iniziativa, da quando il presidente Xi Jinping la propose pubblicamente per la prima volta durante una visita ufficiale in Asia Centrale nel settembre 2013. Già prima della pandemia, la BRI si era notevolmente evoluta nel tentativo di restare al passo coi tempi e con le esigenze globali. Il secondo BRF (luglio 2019) aveva visto Xi elaborare un nuovo concetto e una nuova visione per il futuro dell'iniziativa, sulla scorta di quanto già stava avvenendo all'interno del Paese.
La cooperazione di alta qualità indicata nel comunicato congiunto dei leader partecipanti al Forum seguiva in pratica il nuovo corso del mercato cinese, dove un modello di sviluppo in rapida trasformazione stava già passando da un'economia trainata dall'export, basata su quantità e velocità, con un ritmo di crescita a doppia cifra, ad un'economia trainata dai consumi interni, fondata su qualità e nuova normalità, con un ritmo di crescita compreso tra il 6 e il 7%.
Stando a quanto concordato quasi due anni e mezzo fa, i pilastri della cooperazione di alta qualità sono tre:
- Il principio della consultazione estensiva, degli sforzi comuni e dei benefici condivisi tra tutte le parti [al di là delle dimensioni geografiche o economiche di ciascun Paese];
- L'approccio aperto [a tutte le parti interessate, senza esclusivismi, basato sulla costruzione di un ambiente per il commercio e gli investimenti non discriminatorio], sostenibile [infrastrutture, tecnologie e finanza green, impegno per il contrasto ai cambiamenti climatici e protezione degli ecosistemi] e trasparente [lotta alla corruzione];
- La ricerca di uno sviluppo caratterizzato da un elevato standard [armonizzando la richiesta della conformità a norme e standard internazionali col rispetto della legislazione nazionale e del quadro normativo di ciascun Paese partner], centrato sui bisogni delle persone [conferendo priorità a riduzione della povertà, creazione di posti di lavoro e miglioramento complessivo delle condizioni di vita dei Paesi coinvolti] e sostenibile [a tutto campo, cioè a livello economico, ambientale, sociale, fiscale e finanziario, in coerenza e connessione con l'Agenda 2030].
L'ultima riunione del Comitato Consultivo del BRF ha sottolineato l'importanza dell'idea lanciata da Xi Jinping lo scorso settembre durante il suo intervento in videoconferenza alla 76a Assemblea Generale dell'ONU, quando il capo di Stato asiatico ha introdotto l'Iniziativa per lo Sviluppo Globale (GDI). «Dobbiamo incoraggiare partenariati di sviluppo globale più equi e bilanciati, creare maggior sinergia tra i processi multilaterali di cooperazione allo sviluppo ed accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile», aveva detto Xi in quell'occasione.
Secondo quanto convenuto dagli esperti che hanno partecipato alla riunione in collegamento da vari Paesi del mondo, queste due iniziative sono destinate a completarsi e rafforzarsi l'una con l'altra, fornendo una spinta ulteriore alla cooperazione internazionale. Tuttavia, sul piatto - come visto - c'è anche altro. L'accordo siglato sei giorni fa con Cuba ed il possibile coinvolgimento di altri Paesi centramericani potrebbe cambiare definitivamente gli equilibri globali dei prossimi decenni.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia