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L’Italia nella Libia che verrà
(ASI) Cento anni dopo la nostra impresa coloniale la Libia è ufficialmente persa. Per anni Roma aveva accettato i ricatti ed i diktat di Gheddafi solo per portare a casa petrolio e gas a basso prezzo ma oggi dopo la guerra scatenata dal neo colonialismo franco-inglese avallato da Washington quelle posizioni faticosamente guadagnate in più di 40 anni sono andate perse. Ora bisogna cercare di capire quali relazioni potrà avere Roma con la nuova Libia, anche perché tra le mille occupazioni, più o meno legittime, dell’esecutivo la ridefinizione dei rapporti con l’ex colonia non appare tra le priorità.

Il nostro paese con Tripoli, come già accennato, poteva vantare dei rapporti privilegiati grazie soprattutto all’amicizia di Gheddafi con Berlusconi, ma anche con vari esponenti della sinistra: il nuovo regime potrebbe anche decidere di farci pagare questo passato penalizzando le nostre imprese anche se prima bisognerà vedere come evolverà la situazione in loco.

Allo stato attuale l’alternativa più realistica sembrerebbe essere il consolidamento di un certo numero di componenti, più su base etnico-tribale, e quindi prevalentemente territoriale, ma a macchia di leopardo, che in base a criteri di classe sociale o di ideologia un modo come un altro per dare un contentino a tutti coloro che hanno dato vita alla guerra civile senza rafforzare troppo nessuno.

Tutto però si giocherà quando si inizierà a parlare concretamente di petrolio, che non è distribuito uniformemente nel sottosuolo libico e per di i confini delle varie tribù non sono delimitate in modo preciso ma anzi, molto spesso, in alcuni si sovrappongono.

A complicare il tutto poi il fatto che i ribelli continuano a rimanere armati avendo deciso per il momento di non riconsegnare le armi e di tenersi quelle sottratte ai lealisti. Quando la spartizione del petrolio inizierà a creare le prime crepe tra i ribelli probabile che quelle armi torneranno a farsi sentire.

Finché non sarà chiara la situazione per l’Italia sarà difficile capire con chi interloquire anche a causa di un ministero degli Esteri troppo appiattito su posizioni filo statunitensi e filo israeliane che ne limitano fortemente la libertà d’azione.

Sarebbe consigliabile che la Farnesina iniziasse da subito a intavolare trattative con le varie etnie per tutelare gli interessi delle nostre aziende anche se difficilmente la Francia ci lascerà spazio vista la grande speculazione che sta compiendo sulla nostra bistrattata economia.

La guerra di Libia ha visto vincere gli interessi francesi e inglesi nella regione penalizzando oltre misura le posizioni di Italia e Russia. Da questo assunto dovrà ripartire il nostro governo per tentare di salvare il salvabile.

 
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