(ASI) Vittoria, prevedibile, del blocco chavista e progressista nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Caracas anche se la forte astensione, ai seggi meno di un venezuelano su tre, e la posizione di Washington e Bruxelles che non riconoscono l’esito del voto rendono il successo di Nicolas Maduro non sufficiente a superare la crisi politica nel Paese.
L’erede di Chavez parla di “vittoria del popolo”, visto che il suo partito “Grande Popolo patriottico” ha conquistato i due terzi dell'assemblea nazionale mentre il golpista Juan Guaidò, ormai abbandonato anche dai suoi sostenitori interni, parla di una “truffa”con l’occidenteantichavista che prende le distanze dal risultato.
L’Ue che ha fatto sapere di non ritenere “credibile” l’esito delle urne che “non hanno rispettato gli standard internazionali”, mentre il segretario di stato americano, Mike Pence contro ogni logica ha sottolineato: “Gli Stati Uniti continueranno a riconoscere Guaidò come presidente. La comunità internazionale non può permettere a Maduro di rubare una seconda elezione dopo quella del 2018”.
Plaude alla vittoria degli uomini di Maduro Mosca, da ani vicina al Venezuela ed alle sue politiche di stampo filosocialiste, con la diplomazione russa che parla di “un processo più responsabile e trasparente di quello di certi Paesi che hanno l’abitudine di presentarsi come un esempio di democrazia”.
Secondo quanto riferito da Indira Alfonzo, presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne)il Gran Polo Patriottico ha ottenuto il 67,6%, l’Alleanza Democratica di opposizione (Ad, Copei, Cmc, AvanzadaProgresistae El cambio), è stata votata dal 17,95% degli elettori, mentre altre forze politiche, fra cui il Partito comunista del Venezuela, si sono aggiudicate il 13%.
Fra meno di un meso, per la precisione il 5 gennaio, i nuovi deputati prenderanno il loro posto nell’Assemblea riportando Maduro a controllare l’aula mentre quel giorno Guaidò perderà il suo seggio e, molto probabilmente, ogni visibilità a meno che l’amministrazione Trump non decida di lasciare la Casa Bianca infiammando ancora di più Caracas oppure Joe Biden decida di presentarsi al mondo confermando l’idea di democrazia che da sempre guida la politica estera degli Usa.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia