(ASI) Come ogni ultimo giorno del mese, anche oggi il Dipartimento Nazionale di Statistica della Cina ha pubblicato i dati relativi agli indici PMI. Quello più atteso, ovvero il manifatturiero, segna un nuovo rialzo dopo la leggera contrazione di ottobre, quando era arrivato a quota 51,4 punti contro i 51,5 del mese precedente.

Il dato di 52,1 punti di questo mese segna un nuovo record per quest'anno e conferma che il calo del mese scorso era probabilmente dovuto soltanto al fermo della produzione negli otto giorni di ferie previsti quest'anno della Settimana d'Oro, includendo infatti anche il Festival di Metà Autunno, che coincideva proprio con la ricorrenza del primo ottobre, anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese.

Per il PMI manifatturiero si tratta comunque del nono mese consecutivo in terreno espansivo. Dopo il crollo di gennaio e febbraio, i due mesi peggiori della pandemia in Cina, a partire da marzo il dato si è ripreso sempre più velocemente, mantenendosi al di sopra dei 50 punti. Secondo il direttore del Dipartimento Zhao Qinghe, «la crescita dell'indice manifatturiero, assieme a quella registrata in tutti i suoi sottoindici, mostra una maggiore vitalità nel settore industriale del Paese ed un ritmo di ripresa più veloce».

Tra i sottoindici più dinamici ci sono quello relativo alla produzione (54,7), in aumento di 0,8 punti rispetto ad ottobre, e quello relativo ai nuovi ordini (53,9), cresciuto di 1,1 punti sul mese scorso, segnalando una netta ripresa della domanda. Novembre è stato tuttavia positivo anche per i sottoindici relativi ai nuovi ordini dall'estero e all'import, saliti rispettivamente a 51,1 e 50,9 punti (+0,5 e +0,1 su ottobre), che restano in terreno espansivo per il terzo mese consecutivo.

A registrare i dati più alti è però il PMI non-manifatturiero, cioè l'indice chiamato a sondare il terreno dei servizi, che si attesta a 56,4 punti in questo mese, in aumento rispetto ai 56,2 punti di ottobre. Come per il manifatturiero, anche in questo caso, novembre segna il nono mese consecutivo di permanenza in terreno espansivo. Se nel complesso le attività commerciali guadagnano due decimali su base mensile salendo a 55,7 punti, i sottoindici relativi al trasporto ferroviario, a quello aereo e ai servizi finanziari restano tutti sopra quota 60. Bene anche le compravendite nel settore delle costruzioni, con un sottoindice relativo che cresce dai 59,8 punti di ottobre ai 60,5 di questo mese. In controtendenza, invece, i sottoindici relativi allo sviluppo immobiliare, alla protezione ecologica e alla gestione ambientale, che scendono sotto la soglia dei 50 punti in questo mese registrando dunque una contrazione.

Più in generale, Zhao ha sottolineato come grazie alle «misure precise e tempestive contro l'emergenza Covid-19, il mercato dei consumi si sia ripreso in modo ordinato e il settore dei servizi sia rimbalzato stabilmente». In particolare, gli analisti cinesi rimarcano l'importanza delle «misure su più fronti» adottate dal governo per limitare l'impatto della pandemia. Dopo aver calibrato i provvedimenti per il contenimento del contagio secondo criteri differenziati in base alla situazione epidemiologica di ciascuna suddivisione amministrativa di primo livello (provincia, regione autonoma, regione amministrativa speciale o municipalità), consentendo già a marzo una prima netta ripresa della produzione industriale, Pechino ha messo in campo due strumenti principali, uno di politica fiscale e l'altro di politica monetaria.

Il governo ha così ampliato ed esteso il piano di riduzione delle tasse per imprese e famiglie portato avanti nel corso degli ultimi cinque anni sulla base della riforma strutturale dell'offerta. Al fine di agevolare l'accesso al credito per le imprese in difficoltà a causa dell'emergenza Covid-19, in particolare quelle micro e piccole, la Banca centrale (PBoC) ha inoltre ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche, consentendo già a marzo di liberare nuova liquidità per 550 miliardi di yuan (pari a circa 79 miliardi di dollari).

Nonostante le enormi difficoltà del primo trimestre e quanto sta ancora avvenendo in Europa e nel Continente americano, che ha ed avrà conseguenze negative anche per l'economia cinese, Pechino è riuscita a concludere l'anno con il raggiungimento degli obiettivi di abbattimento della povertà assoluta fissati per il 2021 sulla base dell'idea-guida dello Xiaokang ("società moderatamente prospera") e con la firma del Partenariato Economico Regionale Globale (RCEP), messa in agenda già a novembre dello scorso anno, al termine di ben otto anni di negoziati. Siglato il grande accordo commerciale che coinvolgerà quindici dei sedici Paesi del già esistente vertice diplomatico dell'ASEAN+6, ad esclusione dell'India (ritiratasi poco prima della chiusura delle trattative ed ancora incerta sul da farsi), comincia ora un percorso tecnico, probabilmente della durata di un anno, prima che le nuove regole comuni entrino definitivamente in vigore.

Sarà tuttavia sufficiente che sei dei dieci Paesi ASEAN e tre dei cinque Paesi non-ASEAN aderenti alla RCEP ratifichino l'accordo per procedere alla piena attuazione. A quel punto, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam andranno a comporre la più grande area di libero scambio del pianeta, con una popolazione complessiva pari al 30% del totale mondiale e ad un PIL aggregato vicino al 30% del totale globale.

In questo contesto, la nuova Amministrazione Biden che, a meno di nuovi clamorosi colpi di scena sullo sfondo della contesa elettorale, dovrebbe entrare in carica a gennaio, sarà chiamata a rapportarsi con uno scenario molto diverso dal passato e dovrà fare i conti con equilibri profondamente cambiati rispetto all'ultimo mandato democratico di Barack Obama, cominciato all'inizio del 2013. Falliti i tentativi del segretario di Stato Mike Pompeo di interferire negli affari di Hong Kong e di politicizzare la pandemia per costruire un fronte internazionale indo-pacifico contro Pechino, gli Stati Uniti non potranno far altro che accettare, una volta per tutte, la fine dell'era unipolare e ripartire dal tavolo negoziale interrotto a febbraio dalla pandemia.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

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