(ASI) "Non riesco ad accettare che tutto sia normale. Certo, non si può non capire la rabbia di un popolo che ha vissuto sottomesso e oppresso per decenni. Non si può non dire che se Gheddafi invece di resistere avesse accettato una transizione concordata l'esito sarebbe stato diverso.
Però restano in me molti interrogativi. Che il mondo commenti le immagini di Sirte come fossero la naturale e inevitabile conclusione di un regime a me non sembra normale". Così Walter Veltroni commenta, nella sua pagina di Facebook, la notizia della morte di Gheddafi aprendo una riflessione circa la conclusione della vicenda libica e sull'uccisione del Colonnello."So bene- continua Veltroni- che spesso giovani democrazie fanno fatica a convivere con le icone di regimi che possono restare come convitati di pietra. Ma so che proprio per questo da quando è finita la seconda guerra mondiale il mondo ha cercato forme di punizione, anche per i criminali di guerra e i dittatori, che fossero presidiate dal diritto. E' stato inventato il tribunale penale internazionale per fare giustizia e , al tempo stesso, per consentire alle nuove democrazie di non dover fare i conti con l'imbarazzante presenza sul territorio dei protagonisti di odiosi passati. Eichmann e molti criminali nazisti non furono uccisi per strada ma furono presi e portati a Norimberga e lì processati e condannati. Milosevic e Mladic, responsabili di orrende stragi, sono stati assicurati alla giustizia e di loro si sono occupati accusa e difesa.Quel corpo martoriato, il balletto col sangue, le fotografie vendute al migliore offerente, l'idea stessa della condanna eseguita da chi per caso si trova a farlo è il contrario del percorso faticoso che da Auschwitz in poi abbiamo fatto, tutti insieme. Quando ero sindaco mi rifiutai di incontrare a Roma Tareq Aziz allora in auge, che non aveva voluto rispondere alla domanda di un giornalista israeliano. Ma questo non mi impedì poi di chiedere che Saddam non fosse condannato a morte per impiccagione in un sotterraneo. C'è la giustizia , anche per i dittatori. La violenza efferata sullo sconfitto spesso assomiglia al plauso entusiasta agli orrori praticati dal potente di turno. Non è la vendetta alla base del diritto e della convivenza ma la giustizia. Potevamo non saperlo quando c'era la guerra. Si può dire "Ma voi siete usciti dal fascismo con piazzale Loreto". E' vero ,ma nel 1945 non c'era l' ONU, non c'era il Tribunale penale internazionale e non c'erano stati sessant'anni di storia universale dei diritti umani. Non possiamo non saperlo oggi. E voglio dire che considero la reazione del presidente del consiglio italiano la più vergognosa di tutte. Lo ricordo mentre gli baciava la mano, lo ricordo tronfio mentre si gloriava del fatto che a Tripoli ci fossero i poster con la sua faccia, lo ricordo quando costrinse il nostro paese ad una delle tante umiliazioni di questi tempi con quelle visite ridicole tra amazzoni e istituzioni sbeffeggiate da un dittatore sanguinario come Gheddafi era. E ricordo che Berlusconi indicava il Rais come un modello al mondo intero.Ora dice solamente "Sic transit gloria mundi". Non l'inevitabile e duro distacco dello statista ma il trasformismo ridicolo di chi non ha nessun valore, neanche il rispetto della vita umana. Hanno scodinzolato in molti attorno a Gheddafi. E ora applaudono ignorando il corpo martoriato di un essere umano giustiziato per strada. Molti di noi lo hanno considerato un sanguinario dittatore e per questo, ad esempio, io non partecipai, unico caso per me di dissociazione dal mio gruppo, al voto finale sul trattato con la Libia di Gheddafi. Ma proprio per questo oggi vorrei che ci fermassimo un attimo a pensare. Il diritto e il rispetto delle garanzie per ogni essere umano non sono una coperta che si può tirare dove si vuole.E il rifiuto della violenza, per essere credibile, non può essere intermittente.Preferisco la grandezza di Nelson Mandela al waterboarding di Guantanamo e la sapienza di Lech Walesa o di Helmut Kohl ai corpi esposti tra grida e telefonini.Mi piacerebbe che ciascuno di noi riflettesse su queste giornate".
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