(ASI) Per gli speciali di Agenzia Stampa Italia si propone l'intervista fatta in esclusiva al senatore Gianluca Ferrara, Capogruppo M5S Terza Commissione Affari Esteri e Emigrazione.
Con l'uccisione all'estero della terza carica istituzionale di uno Stato sovrano, come è l'Iran, si è creato un pericoloso precedente e lo hanno denunciato anche la Russia e la Cina. Quale potrebbero essere le conseguenze a breve e medio termine?
L’attacco missilistico iraniano di ieri notte contro due basi Usa in Iraq è la prima risposta. La situazione è gravissima e ce lo potevamo aspettare dopo l'assassinio del generale Soleimani. Sono molti gli scenari che potrebbero verificarsi, è indispensabile lavorare per una de-escalation, va allentata la tensione e un ritorno al dialogo. Ci sono molti interessi economici in gioco che coinvolgono una moltitudine di attori. Basti pensare all’eventualità di un blocco del traffico sullo stretto di Hormuz. Sarebbe una tragedia economica globale. Per questo spero che alla fine prevalga il buon senso e si torni a dialogare. Di certo la mossa di Trump ha infuocato una regione intera. Dal punto di vista del diritto internazionale, credo sia arrivato il momento di dire basta agli omicidi mirati. E’ una pratica criminale che invece di eliminare le minacce le moltiplica. Non è accettabile che democrazie occidentali facciano ricorso a questa modalità.
- La posizione dell'Italia è delicata a causa della massiccia presenza delle basi militari americane in Italia e dell'esposizioni dei nostri militari nelle missioni di pace in Iraq, Libano e Libia. Il ministero della Difesa ha già annunciato che non ritirerà le truppe dall'Iraq nonostante che il Parlamento iracheno abbia deliberato l'incompatibilità di un ulteriore presenza in Iraq di truppe straniere. L'Italia rischia una nuova Nassiriya? Come si deve comportare l'Italia?
Questa scelta unilaterale degli Stati Uniti di eliminare in maniera così cruenta un uomo che per importanza, nel mondo occidentale, potrebbe essere equiparato a un ministro della difesa, mette tutti in pericolo, compresi i nostri militari. Opportunamente ieri sono stati dislocati in un luogo più sicuro, tuttavia la mia personale posizione è che il nostro Paese debba ritirare i suoi quasi 1000 soldati; sono 17 anni che è cominciata questa guerra tra l’altro basata su presupposti fallaci. Ora anche il parlamento iracheno ha esplicitamente chiesto che truppe straniere lascino il Paese. Credo che adesso si debba discutere dei tempi e delle modalità di un ritiro, che ormai sembra l’unica strada praticabile.
-Un altro focolaio di tensioni è la Libia, anche in questo caso quale deve essere la condotta del nostro Paese?
La Libia, per ragioni geopolitiche ed economiche, è un Paese estremamente importante per noi. La scellerata scelta di partecipare all’aggressione del 2011 è stato un errore che dovrebbe far riflettere coloro che erano al governo. Dopo il 2011 la Libia è caduta nell'anarchia. Oggi il nostro Paese deve svolgere un ruolo di mediazione e fare di tutto per far dialogare le parti che si contrappongono. In nessun caso nuovi conflitti possono essere d’ausilio, la scelta di Erdogan non fa che gettare benzina sul fuoco. Noi non possiamo permetterci di avere a pochi chilometri dalla Sicilia una nuova guerra che produrrebbe ingenti fenomeni migratori e possibili arrivi anche di cellule terroristiche. Confido molto nella capacità di mediazione del nostro ministro degli Esteri.
- Come giudica la posizione di Salvini, unico politico italiano di rilievo, favorevole all'assassinio del generale Soleimani autorizzato da Trump?
La posizione di Salvini è irresponsabile e nel suo caso anche paradossale. Dopo essersi avvicinato a Mosca intavolando trattative tutte da chiarire, usa ora la morte di Soleimani per accreditarsi a Washington, dimostrando ancora una volta di non agire per l’interesse nazionale. La politica estera è questione troppo rilevante per usarla in maniera strumentale, considerato che gli interessi di Washington a livello internazionale, spesso non coincidono con quelli italiani. Non è ad esempio nel nostro interesse un’escalation in Medio Oriente anche per i suoi effetti economici. La dichiarazione di Salvini non tengono conto della delicata posizione in cui ci troviamo, con forze di interposizione in Libano e 900 militari in Iraq. Attualmente si tratta dei teatri più instabili dell’area. La politica dovrebbe avere il senso della misura, purtroppo Salvini ne è totalmente sprovvisto.