(ASI) “La decisione di Trump di far uccidere il generale Soleimani avrà delle conseguenze destabilizzanti di ampia portata non solo nei rapporti con Teheran ma anche con il Governo iracheno che vive con crescente difficoltà la presenza delle truppe Usa sul suo territorio”.
A sostenerlo è l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2013 al 2016.
“L’azione americana condotta il 3 gennaio arriva dopo mesi di passività degli Usa in Medio Oriente e in Mediterraneo. Basti pensare alla decisione di abbandonare la Siria al controllo di Turchia e Russia, i Curdi al loro destino, di non intervenire dopo lo spettacolare attacco di droni alla raffineria di Buqyaqin Arabia Saudita, all’abbattimento di Droni USA nello stretto di Hormuz, mantenendo un basso profilo in occasione delle ultime provocazioni di Kim Jon- un e l’assenza dalla scena Libica. Vista l’importanza del Generale ucciso - osserva De Giorgi - le conseguenze potrebbero estendersi oltre il Golfo Persico, in Mediterraneo, in Siria e in Libia, ad esempio mettendo in ombra la crisi libica in attesa delle mosse iraniane, lasciando di fatto maggiore libertà d’azione alla Turchia nell’inserire truppe regolari a sostegno di Al Serraji e alla Russia di muoversi in modo più aggressivo”.
“La speranza è che la decisione di Trump faccia parte di una strategia complessiva di ampio respiro che abbia previsto come contenere le inevitabili ritorsioni iraniane, la destabilizzazione ulteriore dell’Iraq, del Golfo Persico, dello Yemen e che non sia invece una mossa finalizzata a ribaltare l’immagine di un Presidente distratto o addirittura debole in politica estera all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. La storia è ricca di esempi di decisioni azzardate in politica estera per rafforzare il consenso del popolo tramite l’orgoglio nazionale e il mito della Patria in pericolo. Potrebbe funzionare. Ma a quale prezzo. Intanto, da oggi la causa sciita ha un nuovo luminoso martire”, conclude la nota l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi.