(ASI) Carri armati per le strade, coprifuoco e manifestanti uccisi. È il Cile del 2019 ma potrebbe tranquillamente essere quello funestato dalla dittatura atlantica di Augusto Pinochet durata fin al 1990.
Le proteste scaturite dopo la decisione, poi rientrata, di aumentare il prezzo dei biglietti della metropolitana hanno riportato il paese agli anni più bui della storia con almeno 10 morti con il presidente Sebastian Pinera che ha pensato bene di commentare: “Siamo in guerra”.
Le proteste iniziate a Santiago sono ormai divampate in quasi tutto il paese portando le autorità a proclamare il coprifuoco, l’ultima vota quasi 30 anni fa, nel 1990.
Il generale Javier Iturriaga del Campo, incaricato della Sicurezza nella Capitale ha precisato che il provvedimento riguarda Santiago e i suoi dintorni ed è in vigore dalle 22 alle 7 del mattino. Il presidente Pinera, come anticipato sopra, ha annunciato la sospensione dell'aumento del prezzo dei biglietti della metropolitana, ultimo di una serie di rincari che aveva fatto esplodere il malcontento popolare in proteste di piazza e violenze, anche se il malcontento è frutto di tutto uno Stato sociale risalente ai tempi di Pinochet, ovvero quasi del tutto privatizzato e fedele ai dettami economici di Washington.
Nei giorni scorsi migliaia di manifestanti hanno assaltato le stazioni della metropolitana nel fiume inarrestabile della protesta lanciata dai cortei di studenti. Il generale Iturriaga ha parlato di 41 stazioni vandalizzate su 136, ma poi il presidente Sebastian Pinera ha ridotto il numero a circa 80.
Oltre ai 10 morti il bilancio ufficiale parla di circa 180 feriti, tra cui oltre 150 agenti e più 300 persone in stato di arresto.
Lo stato di emergenza indetto a Santiago ha durata di 15 giorni e conferisce alle autorità il potere di restrizione della libertà di movimento e di assembramento. Successivamente è stato esteso anche nella regione di Valparaiso e nella provincia di Concepcion.
Fabrizio Di Ernesto-Agenzia Stampa Italia