Cina. La visita di Duterte rilancia la cooperazione regionale in un momento di forti tensioni

138348769 15670932905831n(ASI) Si concluderà domani la quinta visita in Cina del presidente filippino Rodrigo Duterte da quando, oltre tre anni fa, vinse le elezioni presidenziali nel suo Paese. Il controverso leader, noto - e da alcuni criticato - nel mondo per i suoi metodi molto duri ed intransigenti - ma indubbiamente efficaci - nella lotta al narcotraffico e al terrorismo, piaghe storiche di alcune regioni delle Filippine, sta affrontando in patria l'accusa di «codardia» da parte delle opposizioni a seguito dell'incidente del 9 giugno scorso quando un peschereccio cinese ed uno filippino sono entrati in collisione nelle acque della Reed Bank, una zona situata nell'estremità nord-orientale del celebre arcipelago conteso delle Isole Nansha (Spratly), un'area marittima che rientra al di qua della Linea dei Nove Tratti, stabilita dalla Cina per delimitare la cosiddetta Prima Catena di Isole, entro cui Pechino intende esercitare la sua piena sovranità nel Mar Cinese Meridionale.

Dopo l'impatto, i ventidue uomini dell'equipaggio del peschereccio filippino Gem-Ver 1 hanno avuto la peggio finendo in mare, dove sono rimasti a galla per diverse ore prima di essere salvati, a quanto sembra, da un altro peschereccio vietnamita di passaggio. Pechino, pur avendo smentito qualsiasi responsabilità, accusando anzi 7-8 imbarcazioni filippine di aver accerchiato quella cinese prima che avvenisse l'impatto causato dalla rottura di un cavo d'acciaio che si sarebbe poi abbattuto sulla nave filippina rimasta danneggiata, è stata comunque bersagliata da forti critiche sia sulla stampa locale che su quella occidentale.

La visita di Duterte in Cina di questi giorni ha quindi una valenza importante, cioè quella di rilanciare le relazioni bilaterali in un momento difficile. Se alcuni ministri del governo di Manila, come il segretario alla Difesa Delfin Lorenzana e quello agli Esteri Teodoro Locsin Jr., avevano accusato l'imbarcazione cinese per aver abbandonato in acqua i naufraghi del peschereccio filippino, nel corso delle ultime settimane lo scontro, dapprima strumentalizzato anche in vista della festa nazionale d'indipendenza del 12 giugno e delle celebrazioni successive, sembra rientrare gradualmente.

Durante l'incontro tra le due delegazioni presidenziali, come riporta Xinhua, Xi Jinping ha ribadito l'importanza del Codice di Condotta nel Mar Cinese Meridionale, stabilito fra le parti alcuni anni fa, definendolo «un impegno guida nella prescrizione di norme e regolamenti» nell'area marittima. Da parte sua, Duterte ha espresso la speranza che Pechino continui a sostenere Manila nel suo processo di sviluppo economico, ringraziando la Cina per il suo supporto «alla causa dei diritti umani, alla ricostruzione post-sismica e alla lotta contro il terrorismo e la droga» nelle Filippine.

In occasione della visita di Xi Jinping a Manila dello scorso novembre, i due leader avevano concordato di elevare la cooperazione bilaterale ad un livello superiore, confermando la politica estera di Duterte, da sempre molto aperta e disponibile verso l'iniziativa cinese Belt and Road (BRI), lanciata nel 2013 dal presidente Xi per ricostruire in chiave moderna le antiche direttrici terrestri e marittime della Via della Seta. Duterte ha sin'ora sempre partecipato al Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale, sin dalla sua prima edizione nel 2017.

In quel contesto generale, caratterizzato da una pioggia di accordi e memorandum, le Filippine avevano già concluso importanti intese, sebbene in misura minore rispetto ad altri Paesi della regione come Cambogia, Laos e Myanmar, con cui Pechino può vantare rapporti più solidi e longevi. Quello di Manila è stato infatti uno dei trenta governi esteri a chiudere accordi finalizzati al rafforzamento della cooperazione economica e commerciale con la Cina, oltre a portare a casa un piano di finanziamento e sottoscrizione obbligazionaria fra la Banca di Sviluppo Cinese (CDB) e la filippina Metrobank.

Al secondo vertice del Forum, andato in scena lo scorso aprile, le Filippine hanno invece firmato: attraverso il Dipartimento per l'Agricoltura, una dichiarazione di intenti congiunta con la Cina ed altri dieci partner della regione indo-pacifica per la cooperazione sul controllo della qualità dei pesticidi nel quadro della BRI; attraverso la Commissione Presidenziale Anti-Corruzione (PACC), un memorandum d'intesa con la Commissione Nazionale di Supervisione della Cina; attraverso il Dipartimento allo Sviluppo Economico, un documento relativo a progetti di investimento e capacità produttiva con la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme della Cina.

Più estesamente, come riporta Wang Lei nella sua analisi per Xinhua, dal 2017 la Cina si è affermata quale principale partner commerciale delle Filippine e primo fornitore del loro import, mentre soltanto lo scorso anno gli investimenti cinesi in loco hanno raggiunto quota 930 milioni di dollari, facendo di Pechino il primo investitore estero del Paese. Tali cifre sono destinate ad aumentare alla luce del programma Costruire, Costruire, Costruire lanciato dallo stesso Duterte per colmare il gap infrastrutturale delle Filippine, che - come riporta Darlene Estrada in un suo approfondimento sui rischi e le opportunità dell'adesione di Manila alla BRI, pubblicato nel marzo 2018 per l'Istituto di Affari Esteri del Ministero filippino - ormai dal 2010 si attestano in ultima posizione nella classifica avulsa dei cinque Paesi membri fondatori dell'ASEAN [gli altri quattro sono Indonesia, Malesia, Thailandia e Singapore, nda] alla voce relativa alle infrastrutture nel quadro dell'indice mondiale di competitività redatto dal Forum Economico Mondiale.

Fra i dieci punti della sua Agenda Socio-Economica, il presidente filippino ha inserito l'ambizioso obiettivo di ridurre la quota di popolazione sotto la soglia di povertà dal 21,6% registrato nel 2015, un anno prima della sua ascesa alla presidenza, al 13-15% entro il 2022. Quella che è già stata rinominata come l'«Epoca d'Oro delle Infrastrutture», o il «più ambizioso programma infrastrutturale nella storia delle Filippine», sarà chiamata dunque a guidare il Paese verso lo sviluppo sulla base di un generale miglioramento della rete logistica e dei trasporti, per favorire industria e commercio.

L'adesione di Manila, presentata ufficialmente il 28 dicembre 2016, alla Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali (AIIB), la banca multilaterale di sviluppo lanciata da Pechino fra la fine del 2015 e l'inizio del 2016, è appunto finalizzata - sviluppando il suo forte potenziale portuale e modernizzando i suoi trasporti interni - a superare le difficoltà geografiche di un Paese formato da un insieme di isole che, a differenza dei casi di Indonesia e Malesia, sono tutte molto lontane dalla terraferma. La Cina appare dunque l'interlocutore più indicato per venire incontro alle esigenze delle Filippine, nonostante gli attriti e le dispute anche recenti. Non sarà affatto semplice evitare che l'opinione pubblica, come sta avvenendo pure a Hong Kong, sia influenzata da attori terzi, evidentemente interessati ad interferire e soffiare sul fuoco dello scontro politico, ma se è vera la frase, attribuita all'economista Frederic Bastiat, per cui dove non passano le merci passano gli eserciti, altrettanto vero è il suo contrario: dove passano le merci, non passano gli eserciti.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 
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