La visita di Xi Jinping a Roma vale più di quella a Parigi, al di là dei numeri

137919546 15533936637461n(ASI) Dopo le visite ufficiali compiute tra Italia, Francia e Principato di Monaco, Xi Jinping sta ripartendo, in queste ore, a bordo del suo aereo alla volta di Pechino con una valigetta piena zeppa di documenti firmati.

Guardando alle cifre nell'immediato, è senz'altro vero che in Francia il leader cinese ha concluso accordi di valore molto superiore, per circa 40 miliardi di euro, contro i 2,5 miliardi di quelli sottoscritti nel nostro Paese. Eppure, gran parte del giro d'affari derivato dalle intese firmate a Parigi chiama in causa ordini pregressi per 300 aerei, nel quadro di un singolo accordo tra il consorzio europeo Airbus e China Aviation Supplies Holding Company per la fornitura, nel dettaglio, di 290 A320 family e 10 A350 wide-body. Oltre ad essere ben più diversificato, il memorandum firmato a Roma può vantare un potenziale stimato sino a 20 miliardi di euro, con effetti indiretti, ovviamente al momento non quantificabili, provenienti anche da alcuni degli accordi istituzionali, come quello sulla cooperazione fra start-up innovative, quello sul gemellaggio tra siti UNESCO o quello riguardante la collaborazione fra agenzie spaziali nell'ambito della missione China Seismo-Electromagnetic Satellite 02.

Nel suo colloquio di venerdì scorso con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale, Xi Jinping ha anche annunciato che l'Italia sarà invitata quale Paese ospite d'onore alla prossima China International Import Expo di Shanghai, il nuovo evento-clou con cui Pechino sta cercando di incrementare le importazioni di beni e servizi di fascia medio-alta dall'estero. La prima edizione dello scorso novembre aveva già visto la delegazione italiana, guidata dal ministro Di Maio, concludere significativi contratti, in particolare per quel che riguarda tre colossi della nostra industria strategica: Fincantieri, che si occuperà di realizzare un hub crocieristico nel distretto di Baoshan, a Shanghai; Leonardo Spa, con il suo distributore elicotteristico cinese, Sino-US Intercontinental Helicopter Investment (Sino-US), per la fornitura di 15 elicotteri AW139; e Ansaldo Energia, chiamata a fornire la prima turbina a gas GT36 alla centrale a ciclo combinato di Minhang in Cina.

Insomma, se i freddi numeri non sono (ancora) dalla parte dell'Italia, è in realtà il significato (geo)politico della visita di Xi Jinping ad aver rappresentato un dirompente elemento di novità nella politica europea. Nonostante le critiche e le banalizzazioni del mondo politico di casa nostra, la delegazione cinese ha trascorso una parte significativa del suo tempo - poco meno di tre giorni - fra Roma e Palermo, per firmare un memorandum d'intesa composto da 10 accordi di carattere economico-commerciale - che coinvolgono nomi del calibro di Eni, Snam, CDP, Ansaldo Energia, ICE-Agenzia, Intesa Sanpaolo e Gruppo Danieli - e 19 di carattere istituzionale, facendo dell'Italia il primo - e fin'ora unico - Paese del G7 ed il secondo dell'Europa occidentale, dopo il Portogallo, ad aver aderito all'iniziativa Belt and Road (BRI), lanciata dallo stesso presidente cinese nell'autunno del 2013 dal palco dell'aula magna dell'Università Nazarbayev di Astana, in occasione di una visita in Asia Centrale, crocevia dell'antica Via della Seta.

In particolare sono tre gli accordi - uno istituzionale e due economici - ad aver catalizzato l'attenzione internazionale nei giorni scorsi. Il primo vero nodo sciolto dal memorandum è l'adesione di Roma alla Cintura Economica della Via della Seta e all'Iniziativa per una Via della Seta Marittima del XXI secolo, ovvero le due componenti - una terrestre e l'altra navale - della BRI. Questa decisione, per molti aspetti storica, incrementerà non solo la cooperazione commerciale bilaterale fra Italia e Cina ma coinvolgerà anche i cosiddetti "Paesi terzi", un capitolo ancora scarsamente esplorato che - attraverso la BRI - va attualmente a coinvolgere circa 70 nazioni nel mondo, in regioni ad alto potenziale di sviluppo come il Sud-est asiatico, l'Estremo Oriente Russo, l'Asia Centrale, il Caucaso, il Medio Oriente e l'Africa Orientale. In questo senso, il memorandum firmato a Roma include già l'installazione congiunta italo-cinese, tra Danieli & C. Officine Meccaniche e China CAMC Engineering, di un complesso siderurgico integrato in Azerbaigian.

Gli altri due accordi di grande impatto sono quelli, di natura infrastrutturale e logistica, relativi alla cooperazione che vedrà China Communications Construction Company (CCCC), il colosso edilizio cinese da 70 miliardi di dollari di fatturato e circa 118.000 dipendenti, lavorare al fianco dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale - Porti di Trieste e Monfalcone, da un lato, e del Commissario Straordinario per la Ricostruzione di Genova e dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, dall'altro. Dopo almeno tre anni a discutere soprattutto su Venezia, fino a quel momento indicata quale snodo intermodale delle due direttrici della nuova Via della Seta in quasi tutte le mappe del progetto intercontinentale che circolavano nei siti specializzati, alla fine sono state Trieste e Genova a spuntarla in una competizione fra hub portuali che comunque appariva già segnata da almeno un anno in favore della città giuliana e di quella della Lanterna, grazie a condizioni geografiche e logistiche più vantaggiose rispetto a quelle presenti a Venezia, che sarà comunque sempre più meta imprescindibile per la crescente mole di turisti cinesi in visita nel nostro Paese.

Il lavoro svolto nel corso degli ultimi anni, spesso persino a livello di amministrazioni ed enti locali, per aumentare la competitività e l'attrattività dei due scali è proseguito a ritmi serratissimi con la realizzazione di nuove infrastrutture e l'accensione di servizi pensati per il trasporto intermodale avanzato, come il Polo di Trieste Airport, il debutto di nuovi voli dall'Aeroporto Internazionale "Cristoforo Colombo" di Genova o il collegamento ferroviario commerciale con la Cina dell'Interporto di Mortara, in provincia di Pavia, un centro particolarmente strategico della Lomellina, nel cuore del vecchio triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Sullo sfondo, malgrado qualche difficoltà, entro l'anno dovranno riprendere a pieno ritmo - come annunciato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini - i lavori per la realizzazione della tratta ad alta velocità Brescia-Padova, che, una volta completata, consentirà finalmente un collegamento rapido diretto tra Torino, Milano e Venezia, cioè tra l'Ovest e l'Est del Nord Italia.

Più estesamente è opportuno interpretare il memorandum d'intesa Italia-Cina nel quadro di un meccanismo che vede il nostro Paese porre fondamentali basi per poter tornare a recitare un ruolo di primo piano sul Mediterraneo e nel mondo, dopo almeno venticinque anni di ridimensionamento e marginalità nel quadro europeo, rispetto ad un processo decisionale evidentemente sbilanciato sull'asse Berlino-Parigi ed impostato sulla base di una concezione anacronistica dell'Europa. Malgrado i sorrisi ed il clima cordiale di Parigi, a Xi Jinping non sono certamente sfuggite le parole del presidente transalpino Emmanuel Macron quando, nei giorni della visita in Italia, ha detto chiaramente di considerare la Cina un partner ma allo stesso tempo anche un "rivale sistemico" dell'UE, dando corda per l'ennesima volta ad un europeismo ambiguo, ancorato acriticamente al quadro atlantico, incapace di uscire dai vecchi schemi della Guerra Fredda e di guardare ad Est senza sospetto e diffidenza.

Se la polemica Roma-Parigi andrà comunque smorzata per il bene delle relazioni italo-francesi e la stabilità europea, c'è senz'altro del vero nelle parole di Di Maio quando afferma che il monito dei partner all'Italia affinché rinunciasse alla firma del memorandum nascondeva, in realtà, fra le righe un "richiamo all'ordine" che il nostro Paese, tuttavia, non può più accettare se vuole uscire da un'ormai cronica crisi occupazionale e da una condizione di subalternità che per troppo tempo gli ha impedito di dare sostanza e continuità ai suoi naturali vettori mediterranei e balcanici di politica estera. Chissà che, alla fine, un abbraccio con il piccolo puparo siciliano non valga più di un brindisi a base di champagne.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 

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