(ASI) Stati Uniti- La Cina dietro l’emailgate che coinvolse Hillary Clinton, i processi che hanno copito i suoi uomini chiave Michael Cohen e Paul Manafort, il ruolo dei servizi segreti Usa e le indagini del procuratore Robert Müller. Fra i mille motivi di agitazione per Donald Trump, ora la Casa Bianca attacca duramente anche i social media come Facebook e Twitter, oltre al motore di ricerca Google, accusato di essere truccato e un diffusore di fake news.
Per farlo, il presidente è ricorso come al solito al suo account Twitter: “I risultati di Google per le notizie su Donald Trump danno solo risultati provenienti da fonti che producono fake news sul mio conto, mai quelle di testate corrette, repubblicane o di canali conservatori. Anche Facebook e Twitter si stanno muovendo in un territorio pericoloso, dovrebbero stare molto attenti, oltre la mania di tutti per le fonti anonime che rivelano storie di fantasia e fiction”.
Un attacco diretto ai giganti del web che si difendono affermando di svolgere solo il proprio lavoro, se sono chiamati a fornire informazioni a chi le richiede nel più breve tempo possibile.
Inoltre, Trump ha accusato la Cina in un altro tweet, per essere dietro lo scandalo che colpì Hillary Clinton. Quello sulle email che contenevano informazioni governative riservate, fra il 2009 e il 2013, mentre era segretario di Stato durante la presidenza di Barack Obama. James Comey, allora capo dell’Fbi, aveva fatto decadere tutte le accuse che coinvolgevano Clinton, ma adesso come allora il presidente Usa preferisce dar credito ad altre fonti, screditando i servizi segreti americani.
Fra tutti, l’ammisisone di credere più al presidente russo Vladimir Putin che ai servizi di intelligence statunitensi, durante il loro incontro bilaterale in Europa.
Il tema è sempre lo stesso, una guerra contro tutti e un modo di spostare l’attenzione su altri ambiti, dopo giorni difficili in cui il presidente ha visto le sentenze di colpevolezza nei contronti del suo ex avvocato personale Cohen e del capo della campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca nel 2016 Manafort.
Il primo si è consegnato all’Fbi ammettendo di aver pagato su ordine del presidente 130mila dollari per il silenzio di Stormy Daniels, la pornostar con la quale il costruttore newyorkese avrebbe avuto una relazione nel 2006.
Il secondo è stato invece giudicato colpevole in Virginia per alcuni dei suoi capi di imputazione, come quello di frode fiscale e l’occultamento di un conto bancario all’estero.
Sono tutti punti a favore del procuratore Müller, che continua a indagare sul russiagate e sul comportamento dell’allora candidato alla Casa Bianca. Ad ogni modo, gli atti processuali e giudiziari non basteranno per un impeachment ai danni di Trump. Lo stato di accusa del presidente dipende sempre dal Congresso, ancora a maggioranza repubblicana.
Se i conservatori rimarranno uniti intorno a Trump una svolta appare difficile, almeno fino a novembre, quando ci saranno le elezioni congressuali di mid-term. Anche in quella circostanza, sembra remoto uno spostamento verso unamaggioranza democratica sia di Camera dei Rappresentanti, sia del Senato, a meno che non ci siano nuovi colpi di scena nelle prossime settimane, difficilmente definibili come “fake news” o “caccia alle streghe”.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia