(ASI) Tel Aviv – La rivolta del popolo palestinese continuano senza sosta. Nelle manifestazioni di protesta in Cisgiordania, presso la Striscia di Gaza, ben 1.250 palestinesi sarebbero rimasti feriti, di cui 150 colpiti da “vere munizioni”, questo è quello che ha dichiarato il Ministero della Sanità palestinese.
Mentre il bilancio dei morti conta 4 vittime. Tutti palestinesi, di cui due sono morti venerdì 8 novembre, durante gli scontri tra palestinesi e polizia israeliana nei territori palestinesi. Gli atri due erano miliziani di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya - Ḥamās (Movimento Islamico di Resistenza) – il partito nazionalista, antisionista e islamico sunnita che detiene la maggioranza dei seggi nel Consiglio Legislativo Palestinese –, morti a seguito dei raid che l’aviazione israeliana ha condotto sulle postazioni militari di Ḥamās nella zona settentrionale della Striscia di Gaza, in risposta al lancio di razzi da parte palestinese. Mentre a Gerusalemme versa in gravi condizioni una guardia di sicurezza di 25 anni, accoltellata nella stazione degli autobus.
Questo è quello che si è prodotto a seguito della decisione unilaterale da parte della Casa Bianca, di riconoscere la città di Gerusalemme come capitale de facto dello Stato d’Israele. La decisione, avvenuta mercoledì 6 novembre, è stata dichiarata dal Presidente Donald Trump. «E' il momento di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. Non si può continuare con formule fallimentari. La scelta di oggi su Gerusalemme è necessaria per la pace», queste le parole del Presidente statunitense. Trump ha inoltre aggiunto di aver dato «istruzioni di trasferire l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme», la quale avverrà non prima di due anni come ha precisato il Segretario di Stato americano Rex Tillerson.
Naturale e scontata soddisfazione da parte del Governo israeliano. «È una svolta storica. Spero che altri governi seguano presto l’esempio americano. Ogni trattato di pace deve includere Gerusalemme come la nostra capitale», così ha commentato la decisione di Trump il Presidente israeliano Benjamin Netanyahu. Ma la scelta della presidenza statunitense ha prodotto grande dibattito nella scena internazionale, registrando ampiamente critica la posizione della grande maggioranza dei paesi dell’Unione Europea verso tale iniziativa. In particolare il Presidente francese Emmanuel Macron, che durante una conferenza stampa tenuta all’Eliseo, in presenza di Netanyahu, ha dichiarato che «la decisione di Trump è un pericolo per la pace», rivendicando che «l'unica soluzione è quella che prevede 2 Stati vicini». Macron inoltre ha invitando il Presidente israeliano a «un gesto di coraggio per i palestinesi: Israele congeli le colonie».
Nel corso del Consiglio di sicurezza dell’ONU Nikolay Mladenov, l'inviato Onu per il Medioriente, ha avvertito che «c'è un serio rischio che possiamo vedere una catena di azioni unilaterali, che possono solo spingerci ancora più lontano dal raggiungere i nostri obiettivi condivisi di pace». Ma l’ambasciatrice statunitense presso l’ON, Nikki Haley, ha criticato la contrarietà delle Nazioni Unite e dei pesi UE, accusandoli di «ostilità contro Israele». «Le Nazioni unite hanno fatto più danno alle possibilità di una pace in Medioriente che farla progredire», questo il duro commento dell’ambasciatrice USA.
Abū Māzen, Presidente della Palestina e leader del partito socialista nazionale e antisionista al-Fatḥ (la Conquista), ha dichiarato di accogliere con favore «la grande condanna internazionale testimoniata dalla riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu» e che il Governo palestinese rifiuta la «posizione americana su Gerusalemme. Gli Usa non sono più qualificati per occuparsi del processo di pace».
Mentre il dibattito internazionale prosegue, gli scontri nei territori palestinesi sembra che non cesseranno presto. Isma'il Haniyeh, leader di Ḥamās, ha respinto la decisione di Trump e ha auspicato che l’Intifada palestinese prosegui, garantendo che i miliziani del movimento sunnita sono pronti al sacrificio supremo: «Ne Trump ne alcun altro potrà cambiare la verità storica e geografica e la identità della Città Santa. Sogna chi pensa che tutto si esaurirà con le manifestazioni. La santa intifada di oggi ha inoltrato due messaggi: il primo, che respingiamo la decisione del presidente Trump, e il secondo che siamo pronti ad immolarci per difendere Gerusalemme».