Cambiano anche gli equilibri nell’area moderata di centro destra, sconvolta dalla ventata identitaria e antieuropea, finora al governo del Paese insieme a Verdi e cristiano democratici. Quella che era la principale formazione, il Partito di Centro (Keskusta) della Premier in carica, Mari Kiviniemi - subentrata a Matti Vanhanen dimessosi l’anno scorso per uno scandalo - crolla fragorosamente al quarto posto, perdendo oltre il 7% (dal 23.1 al 15.8%) e fermandosi a soli 35 deputati. Con un sorpasso a ritroso, i suoi alleati conservatori della Coalizione Nazionale di Jyrki Katainen, pur scivolando del 2,1%, diventano il primo partito con il 20,4% e 44 seggi, acquisendo il diritto di formare il nuovo governo.
I socialdemocratici dell’SDP (Sosialidemokraattinen Puolue) guidati anch’essi da una donna, la giovane Jutta Urpilainen, all’opposizione nell’ultimo quadriennio, sono in lieve calo (avevano il 21,4% e 45 deputati) ma rimangono il secondo partito del Paese con il 19,1% e 42 seggi, seguiti a brevissima distanza proprio dai Veri Finlandesi. Stabile attorno all’8% e 14 seggi l’Alleanza di Sinistra, i Cristiano Democratici con il 4%, mentre sono in discesa i Verdi al 7,2% e 10 deputati (erano all’8,5% con 15 parlamentari).
I Veri Finlandesi diventano quindi il terzo partito del Paese, ne influenzeranno l’ago della bilancia e nei prossimi quattro anni nessuna formazione di governo potrà fare a meno del loro appoggio e dovrà quindi confrontarsi con loro.
Sono guidati da Timo Soini, euroscettico ma esperto conoscitore della macchina amministrativa di Bruxelles, occupando infatti un seggio a Strasburgo. Leader carismatico e stakanovista (2 anni fa fin’ in ospedale per complicanze attribuite dai medici al super lavoro) Soini è stato molto attivo in campagna elettorale battendo costantemente la campana su temi quali identità europea, economia e immigrazione.
Tutto ciò andrà ad influire enormemente riguardo la formazione del nuovo esecutivo, nel quale per la prima volta i Veri Finlandesi avranno un ruolo di coprotagonisti, e questo contribuirà a rendere ancora più complesso lo scenario.
Lo sconvolgimento elettorale avvenuto in Finlandia avrà delle conseguenze anche in Europa: il loro leader ha infatti più volte ribadito in campagna elettorale la volontà di porre una condicio sine qua non: non prenderebbe mai parte ad una coalizione che possa autorizzare l'iniezione di soldi finlandesi in futuri bailout, in primo luogo in quello portoghese. Timo Soini ha più volte ricordato in campagna elettorale come la Finlandia sia risalita dalla crisi che colpì il paese negli anni Novanta, facendo leva solo sulle proprie forze e sul carattere del popolo finnico.
Il Parlamento finlandese, contrariamente a quanto avviene in altri paesi dell'Eurozona, può esprimere il suo voto su eventuali contributi di Helsinki in salvataggi di altri Paesi e ha quindi un potenziale potere di veto. La Finlandia ha già fornito 8 miliardi di euro di garanzie all'European Financial Stability Facility (EFSF, il Fondo salvaeuro), a cui si aggiungono garanzie e investimenti per più di 12 miliardi e mezzo di euro nello European Stability Mechanism (ESM), che dovrebbe iniziare a funzionare nel 2013. In più, Helsinki ha dato 160 milioni di prestito all'Islanda, 1,48 miliardi alla Grecia e ha promesso 324 milioni alla Lettonia.
Lo scenario è così ora destinato a cambiare: la nuova coalizione sarà guidata da Jyrki Katainen, leader del Partito di Coalizione Nazionale, il favorito della vigilia, che insieme a Socialdemocratici e Veri Finlandesi governerà il paese nei prossimi 4 anni in un’alleanza dai rapporti di forza delicati dove, a fare da collante, sono soprattutto le posizioni critiche nei confronti delle politiche europee.
Aspetti e problemi su cui hanno già ampiamente fatto leva – riscuotendo tra l’altro ampio successo - altri partiti nazionalconservatori nordici quali il Partito del Popolo Danese (Dansk Folkeparti) e i Democratici Svedesi (Sverigedemokraterna).