(ASI) Vienna – Il 4 dicembre non sarà una data rilevante per la sola Italia. Infatti oltre al referendum costituzionale nel “Bel Paese”, nello stesso giorno si terranno le elezioni presidenziali in Austria.
Quelle delle elezioni austriache è divenuta una storia “infinita”, fatta di colpi di scena ed errori madornali. Iniziate con i risultati del primo turno tenutosi lo scorso 24 aprile, la situazione conseguita aveva provocato uno scenario storico. Il duo “popolari – socialdemocratici” che governa l’Austria ininterrottamente dal 1947, è stato clamorosamente posto fuori dal ballottaggio, vedendo sfidarsi il leader de “I Verdi” (Die Grünen) Alexander Van der Bellen e Norbert Hofer candidato del nazionalista “Partito della Libertà Austriaco” (Freiheitliche Partei Österreichs; FPÖ). Hofer era stato il grande vincitore di questo primo turno attestandosi al 35% dei consensi, staccandosi nettamente anche dal verde Van der Bellen che riscosse un 21%. Al secondo turno per il ballottaggio finale tenutosi il 22 maggio, nonostante la percentuale più alta conseguita il 24 aprile, il nazionalista Hofer è stato battuto dal verde Van der Bellen. A vincere è stato il richiamo “democratico” di tutti i partiti – tra cui i popolari e i socialdemocratici che attualmente governano – a votare il candidato de I Verdi nella speranza di fermare la “pericolosa” avanzata del nazionalismo in Austria. Se pur Alexander Van der Bellen ha vinto di misura, superando Norbert Hofer di soli 30.000 voti: determinanti sono stati i voti dall’estero.
Quella vittoria di misura del candidato sostenuto dal “fronte democratico”, ha innescato una profonda spaccatura nel Paese e nella politica austriaca, non priva inoltre di inaspettati colpi di scena. Il primo segnale di questo, sono state le dimissioni del Capo del Governo, il socialdemocratico Werner Faymann, avvenute il 6 maggio prima ancora del ballottaggio. Il leader del Partito Socialdemocratico d’Austria (Sozialdemokratische Partei Österreichs, SPÖ) e Primo Ministro, ha dovuto rassegnare le sue dimissioni dal Governo e dal partito a causa di forti pressioni provenienti dall’interno della sua formazione partitica e dal mondo sindacale, in relazione proprio della scottante perdita dei socialdemocratici e all’impressionante avanzata del Partito della Libertà Austriaco. Ma non era di certo finita qui. Quegli appena 30.000 voti di scarto e le notizie che da più parti dell’Austria giungevano su una percentuale di votanti superiore a quella di coloro che ne avevano il diritto – assurgendo addirittura all’impossibile quota del 146% dei votanti –, ha spinto i dirigenti del FPÖ a presentare domanda di brogli ed irregolarità alla Corte Costituzionale. Dopo un’attenta analisi, la Corte ha sancito non la sentenza di “brogli”, ma di “non corretto svolgimento del processo elettivo” e quindi “errori formali” in particolare proprio su quei voti dall’estero che avevano garantito la vittoria di misura di Alexander Van der Bellen. Pertanto in data 1° luglio, la Corte Costituzionale austriaca ha accolto la richiesta dei nazionalisti, stabilendo che il ballottaggio doveva essere ripetuto. “Apriti cielo”! Una corale demoralizzazione ha investito tutto il “fronte democratico” in Austria e ha “rizzato i capelli in testa” ai tanti che siedono a Bruxelles: perché questo riconoscimento della Corte può essere la “pietra tombale” della politica filo-UE in Austria e l’inizio di una reazione a catena che può investire tutta l’Europa, dove i movimenti anti-UE sono in continua crescita.
Le prossime elezioni si sarebbero dovuto tenere il 2 ottobre, sempre tra Norbert Hofer e Alexander Van der Bellen: ma le sorprese non erano finiti qui. In data 12 settembre il Ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka, annuncia un nuovo rinvio delle elezioni. La causa sta volta? La colla delle buste per il voto di corrispondenza dall’estero: la striscia autoadesiva non tiene! Un nuovo colpo di maglio sulla politica governativa austriaca. Accusata di compiere irregolarità – se non addirittura “brogli” – dopo questa nuova decisione è stata bollata anche come “incompetente”.
La nuova data scelta – sperando che non vi siano nuove “sorprese” – è il “fatidico” 4 dicembre. Una data, come già detto, quella di questa domenica che può rappresentare una sonora sconfitta per i governi filo-UE, tanto in Italia che in Austria. Non tralasciando l’aspetto importante che su questa avanzata delle forze anti-governative o anti-UE, possono avere le recenti elezioni americane. Con la vittoria del repubblicano Donald Trump, è stato di fatto sdoganato un modo di fare politica e di fraseologia che fino ad allora veniva condannato da tutto il così detto “politicamente corretto”. Le proposte contro l’avanzata immigratoria, una politica più vicina ai cittadini e attenta al sociale, una posizione anti-establishment: grazie alle elezioni di Trump sono ora in “pole position” per una grande affermazione anche in tutta l’Europa. Posizioni e tesi che il già citato “politicamente corretto” non può più semplicemente condannare, ma con cui deve raffrontarsi sulla base di proposte e idee che stanno riscuotendo successo nel “Vecchio Continente”.
La carica di Presidente della Repubblica d’Austria è più un titolo di “rappresentanza”, che conserva però alcuni fondamentali poteri, come l’incarico di formare il governo o sciogliere il Parlamento. Quindi un posto che potrebbe determinare anche l’ipotetico anticipo delle elezioni parlamentari austriache. Consegnando al Partito della Libertà Austriaco non solo la Presidenza della Repubblica ma – se dovesse poi vincere le elezioni – la storica Presidenza del Governo. Inoltre, per quanto riguarda i rapporti tra Austria ed Unione Europea, pochi giorni fa Norbert Hofer ha dichiarato ai microfoni dell’emittente televisiva inglese BBC: «Se la risposta alla Brexit sarà una Unione Europea centralizzata, dove ai parlamenti nazionali viene tolto potere e dove l'Unione è governata come uno Stato, in questo caso dovremo tenere un referendum in Austria, perché porterebbe ad un cambiamento costituzionale».
Dunque il 4 dicembre può essere una vera e propria data fondamentale per molti equilibri politici. In particolare per gli assetti di forza nell’Unione Europea.
Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia