Prof. Moffa: "Hanno fatto un deserto, e lo chiamano "ingerenza umanitaria"
A fianco di Assad: così Putin rilancia l'ONU mentre la grande coalizione prende forma
Professore, lei approva l’ “annientamento” da parte della Russia dei ribelli islamici della zona di confine in cui è stato abbattuto l’aereo russo, e poi difende Obama e Hollande. Non le pare contraddittorio?
Assolutamente no. La determinazione nel combattere il terrorismo pseudoislamico dell’ISIS è assolutamente coerente con il progetto di creare una vasta alleanza diplomatico-militare per accerchiare e distruggere quello che oggi è il nemico “visibile” principale della pace e del progresso dei Popoli. Lo ha capito e lo sta facendo la Russia di Putin. Quello su cui invito a riflettere è non cadere nella trappola di chi vuole che ci si scagli “qui e ora” contro falsi obbiettivi, ostinandosi a non vedere le contraddizioni interne al mondo occidentale. Obama e Hollande, per esempio, si stanno comportando bene, e contro Obama sono Israele e i suoi rappresentanti a Washington: Rodham Clinton ad esempio, che ha invocato assieme a Kerry la no fly zone contro la Siria di Assad.
Ma in che consistono queste contraddizioni, al di là di scelte particolari?
La contraddizione fondamentale nei paesi occidentali, che attraversa tutta la storia e pressoché tutti i conflitti dalla fine della guerra fredda ad oggi, è tra i corifei della cosiddetta ‘ingerenza umanitaria’, che vuol dire la fine del rispetto della sovranità degli Stati – cioè del Diritto internazionale – e coloro che per motivi geopolitici o di realpolitik, si sono opposti o si oppongono a interventi armati contro i paesi membri dell’ONU, compiuti con la maschera di una legittimità ONU. A partire dal 1991, guerre di Jugoslavia e di Iraq, la contraddizione non è solo tra Stati, ma sta anche dentro gli Stati occidentali.
Da una parte gli oltranzisti, dall’altra chi evita di applicare tutto l’armamentario giuridico di supporto alla violazione dell’articolo 2 della Carta di San Francisco, che recita giustamente il rispetto della sovranità e dell’integrità degli Stati: no fly zone, protezione dei civili, diritto penale internazionale fino all’arresto di capi di stato i cui governi sono rappresentati nel Palazzo di vetro, sanzioni economiche ben selezionate contro i cosiddetti ‘stati-canaglia’, così definiti da reti mediatiche transnazionali che hanno fatto parte, benché gestite dai grandi poteri finanziari privati, della deriva cosiddetta umanitaria delle Nazioni Unite dopo la fine della guerra fredda. Vedi i disastri postbellici non solo in Libia ma anche in Iraq. Terrorismi stragisti, odi tribali e guerre per bande senza fine. Parafrasando il vecchio Tacito, “hanno fatto un deserto” di diritti umani, e la chiamano “ingerenza umanitaria”.
Ma non le pare un po’ riduttivo affrontare le guerre solo dal punto di vista formale e giuridico?
In parte ha ragione, ma le rispondo con un “si e no”. Si, perché i motivi reali delle guerre postbipolari, soprattutto quelle del Vicino Oriente, sono di sostanza, nell’ordine sistemi bancari e adozione o meno del dollaro nelle transazioni petrolifere; poi motivi ideologico-religiosi connessi a tentativi espansionisti (Israele e Isis), e infine il fattore che si cita sempre, ma che secondo me è meno importante di quel che si puo’ pensare, il petrolio.
Ma rispondo anche no, perché per legittimare questo nuovo colonialismo che vede le potenze occidentali mascherare i loro obbiettivi dietro una presunta ‘esportazione della democrazia’ a suon di bombe contro Stati sovrani, occorre un fumus di inesistente legittimazione, che consiste appunto nell’invenzione di un nuovo diritto internazionale che diritto internazionale non è. Lo Statuto dell’ONU recita l’intervento tra Stati in guerra, come in Libano, e non dentro il dominio riservato degli Stati, che chi li guidi sia o no un dittatore.
Lei data il fenomeno interventista a partire dal 1991. Puo’ fare qualche esempio concreto di queste contraddizioni interne al mondo occidentale tra interventisti e non?
Dal 1991 fino alla presidenza Obama, nonostante le resistenze ben visibili di Bush padre, di Clinton e di Bush junior, gli Stati Uniti sono stati i più decisi assertori dell’interventismo cosiddetto umanitario. Assieme a loro non solo gli inglesi, ma anche una lunga serie di paesi con regole di ingaggio minori, Italia compresa. In questa fase solo la Francia di Chirac si oppose alla nuova tendenza – vedi il no di Parigi alla guerra d’Irak del 2003 - e Chirac ne ha pagato le conseguenze in termini mediatici e di attenzioni giudiziarie, un po’ come Craxi con Sigonella. Con Obama la situazione cambia: no al coinvolgimento USA nei bombardamenti contro la Libia, no alla guerra alla Russia in Ucraina, attraverso un sostegno soprattutto verbale ai golpisti di Kiev. E no all’aggressione alla Siria nel 2012, e adesso passi avanti nella direzione della grande alleanza proposta da Putin. Ma mentre con Obama gli USA migliorano, con Cameron la deriva interventista britannica peggiora, e addirittura in Francia entra all’Eliseo l’espion du Mossad, come lo defini Le Figaro: Sarkozy. Un disastro, è stato lui a dare il via alla guerra di Libia, assieme agli inglesi.
Ma allora dove stanno le contraddizioni interne?
Negli Stati Uniti, non solo Obama ma tutte le presidenze almeno dagli anni Ottanta in poi, hanno sofferto gli attacchi dei lobbisti pro israeliani: Shultz e neocons già con Reagan, il Congresso contro Bush padre e Baker nel 1991, la Albright contro Clinton; Cheney Rumsfeld e di nuovo i neocons contro Bush figlio. Di Obama ho già detto, tranne aggiungere che la no fly zone richiesta dalla Clinton è stata bruciata dall’intervento russo. Quanto alla Francia, alla furia pro israeliana di Sarkozy è seguito un Hollande moderato, che non ha accettato le pressioni per una guerra alla Russia dopo il golpe mossadista di Kiev . Hollande infatti rifiutò all’epoca – al contrario del governo italiano – di accondiscendere alle sanzioni contro Mosca per una consegna di due navi a Putin. E adesso si sta allineando a Putin. Da cui il corollario: se io per antiamericanismo pregiudiziale o addirittura perché Hollande è o sarebbe ebreo, me la prendo con Obama e Hollande, non solo dico idiozie e sono un razzista, ma aiuto con le mie parole e i miei silenzi l’oltranzismo occidentale e Israele.
Lei parla spesso di Israele …
Ne parlo a ragione, è una questione di professionalità. Un giornalista o un politologo non puo’ tacere sempre i dati che inchiodano Israele a un ruolo oltranzista in Medio Oriente e altrove. Israele è il nocciolo duro dell’oltranzismo occidentale in tutti gli scacchieri di crisi, compresa l’Europa orientale. Non solo l’Ucraina ma anche la Georgia del 2008. Ne parlo sulla base di fonti insospettabili e ‘autorevoli’, le grandi testate che hanno diffuso negli anni unità di notizia o lunghi servizi, che dimostrano l’esistenza non solo di indizi ma anche di prove che Israele è praticamente dietro tutte le principali guerre postbipolari, anche in Africa come denunciato da Gheddafi nel 2009. Ed è dietro diverse guerriglie e movimenti ‘’islamisti”, Cecenia, Darfur, Kosovo, Bosnia … Ne ho scritto molte volte, in tanti miei interventi documentati rintracciabili anche in rete. L’Iran ha detto chiaro e tondo che il ‘califfo’ Al Baghdadi è un ebreo sionista, “agente dell Mossad”; un colonnello israeliano è stato arrestato recentemente tra i jahdisti in Iraq; Cossiga ha dichiarato a Cazzullo che ‘tutti sanno che dietro l’11 settembre c’è la Cia e il Mossad”, Blair ha dichiarato alla Commissione parlamentare inglese che la guerra contro l’Iraq del 2003 era stata decisa in una riunione assieme a ufficiali israeliani. Al Qaeda e ISIS hanno si scagliano contro “ebrei e cristiani”, ma non hanno mai fatto un solo attentato contro Israele. E del resto l’ISIS cosiddetto islamico si muove secondo una logica da strategia del caos tipica del sionismo: non solo distruggono reperti archeologici e monumentali di grande valore, con cio’ suscitando il risentimento delle diverse culture coabitanti da secoli e millenni nel Vicino Oriente, ma inoltre sbandierano l’obbiettivo di un unico Stato islamico di cui è lecito dubitare. Mesi fa il New York Times pubblico’ una mappa dei possibili “Stati islamici” nella zona irako-sirio-giordana: erano tre o quattro, su territori appartenenti ovviamente agli Stati sovrani oggi esistenti. Un progetto di sostanziale balcanizzazione del Vicino Oriente già presente nella rivista dell’Organizzazione sionista mondiale Kivunim del 1982, a firma di un funzionario israeliano, Oded Yinon.
Dunque, secondo lei, dietro l’ISIS a Parigi o altrove ci potrebbe essere la longa manus di Israele?
Sì, con manovalanza arabo-europea pseudoislamica. E ipotizzo di più: che l’attentato di Parigi sia una riposta impazzita dopo la sconfitta storica di Israele per l’accordo sul nucleare con l’Iran. Sono decine e decine le dichiarazioni di fuoco di premier, ministri, giornalisti israeliani contro il progetto nucleare, fin dai tempi di Ahamdinejad. Per la precisione la campagna martellante di Israele contro il nucleare iraniano iniziò subito dopo la cattura di Saddam Hussein nel dicembre 2003. Il “pericolo iracheno” era scomparso, e dunque la guerra per procura doveva colpire l’Iran. Ma lo stesso Bush jr. resistette alle pressioni, e poi Obama e gli Europei hanno stretto l’accordo con Teheran. Svolta storica, ripeto.
Ma adesso perché sarebbero cambiate le cose? E’ di nuovo guerra in Siria …
Domanda importante e rispondo. Sabato sera, ho visto il dibattito da Mentana. Beh, mi si perdoni la battuta, ma da Mentana mentono. Ho sentito dire da più di un “esperto”, che non bisogna intervenire in Siria perché rifaremmo lo stesso errore della Libia. Travisamento colossale della verità. In Libia siamo intervenuti contro il governo legittimo di Tripoli – nonostante le reiterate richieste di Gheddafi all’ONU di avviare almeno una inchiesta – e in sostegno armato ai ribelli di Bengasi. In Siria la Russia sta intervenendo dalla parte di Assad. Opzione quella di Mosca, non solo legittima ma anche responsabile, perché non essendoci oltre l’ISIS alcuna opposizione moderata unitaria, il futuro del dopo-Assad sarebbe il caos. Come in Libia. Le guerre sono tutte orribili, ma esistono anche quelle giuste. E una guerra di Obama a fianco di Putin e di Assad, sarebbe tale.
Lei dunque è diventato pro americano?
Ma no, giudico i fatti. E i fatti mi hanno portato ad esempio a denunciare l’obbrobrio indecente di una banca dati americana e una israeliana, come base ‘citazionale’ per la valutazione delle pubblicazioni dei docenti e ricercatori universitari. Decisione del MIUR, 2010. Maschere pseudotecniche per una strategia di assoggettamento della grandiosa cultura europea da parte di cowboys ignoranti e rabbini fanatici. Insopportabile. Dico di più: sono anche per la chiusura delle basi americane in Italia e, pensando alla Libia, per l’uscita dell’Italia dalla NATO. Ma questo non mi impedisce di ragionare sul fatto che chi guida oggi la NATO è lo stesso premier norvegese che subi la strage criminale di Utoja ad opera del cristiano sionista Breivik, per cui si puo’ sperare che anche da lì non partano provocazioni antirusse. Almeno dal vertice NATO, schegge turche oltranziste a parte, imprevedibile costante che ci potrebbe riportare nel baratro di una guerra mondiale, se ciascuno di noi – dal più alternativo dei blogger ai capi di stato – non ragiona e evita posizioni irresponsabili, attaccando i moderati e favorendo i veri nemici della pace.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia