Nucleare iraniano. Trovato accordo a Vienna tra R.I. dell'Iran e 5 Paesi+1

(ASI) Vienna -  Nella mattina di ieri, 14 luglio, si è concluso il tanto atteso accordo sul programma nucleare iraniano. La riunione tra gli Stati del "5 + 1" (Usa, Francia, Regno Unito, Germania, Cina e Russia), ovvero gli Stati componenti del Consiglio di Sicurezza

dell'O.N.U con potere di veto, la Repubblica Islamica dell'Iran e l'U.E. (rappresentata dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza "Federica Mogherini"), si è svolta a Vienna. E non ha avuto vita facile fin dal suo primo momento. Con rimandi di più volte della sua conclusione e sotto un clima internazionale, a dir poco, rovente!

L'accordo prevede l'utilizzo dell'energia nucleare da parte dell'Iran, solo per scopi civili. Togliendo qualsiasi possibilità di uso militare, e quindi la tanto temuta "bomba atomica iraniana". Domande: quando mai l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (detta anche AIEA o in inglese International Atomic Energy Agency - IAEA ) nei tanti controlli effettuati nella Repubblica Islamica ha dimostrato il contrario e che esisteva l'effettivo pericolo che Teheran si dotasse di armi nucleari? Oppure, era l'indipendenza energetica dell'Iran che doveva essere  bloccata perché contrastava con gli interessi ed i progetti delle multinazionali che gestiscono e dominano il commercio dell'energia? In ogni caso la Repubblica Islamica dell'Iran ha raggiunto l'obiettivo che si prefiggeva: la fine di quell'annoso embargo economico e le sanzioni che aveva colpito gli iraniani anche dal punto di vista umanitario. Embargo economico che ne  limitava anche  le sue enormi possibilità di commercio con l'estero, ma che allo stesso tempo gli hanno permesso di divenire uno Stato profondamente autarchico e con un PIL che può tranquillamente gareggiare con alcune sue controparti occidentali. L'embargo, rivolto a vari settori, nello specifico era concentrato: alla compagnia petrolifera nazionale, alle compagnie aeree e alla Banca Centrale iraniana.

Con la fine delle sanzioni l'Iran potrà tornare nuovamente in possesso di asset per centinaia di miliardi di dollari congelati all'estero, potrà acquistare e vendere tecnologia e macchinari adoperabili anche per motivi militari, previo consenso di una commissione congiunta da Iran e dai 5 + 1 che controllerà gli importi e gli esporti di armi caso per caso e tali regole avranno, però, durata di un quinquennio. Quindi si potrà riprendere la cooperazione economica con l'Iran in tutti i campi, compresi gli investimenti in gas e petrolio.

Come è già stato fatto presente, per queste concessioni l'Iran dovrà rinunciare all'atomica per scopi militari. In particolare delle sue centrifughe per l'arricchimento dell'uranio, delle quali ne dispone nel numero di 19.000, di cui meno di 10.000 operative. Di esse l'Iran ripromette di dismetterne la maggior parte e di mantenere solo le più avanzate a scopo ricerche nei primi 10 anni di validità dell'accordo con le potenze mondiali. Per di più l'Iran dovrà permettere agli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) di visitare i siti militari ritenuti "sospetti".

Comunque l'accordo, per divenire operativo, dovrà subire la formalizzazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, del Congresso degli Stati Uniti e del Majlis, cioè l'assemblea legislativa iraniana. E in caso venisse violato, dopo i dovuti accertamenti e la votazione a maggioranza di un collegio arbitrale composto da rappresentanti dei 5 + 1, dell'Iran e dell'Unione Europea, tutte le sanzioni saranno ripristinate nell'arco di 65 giorni.

Barack Obama ha avuto modo dire che con questo accordo si è potuto scongiurare l'atomica iraniana e che esso non si basa sulla fiducia ma sulla verifica che tutti i suoi canoni vengano rispettati. Ha affermato inoltre che gli Stati Uniti manterranno le sanzioni contro l'Iran per quanto riguarda i diritti umani, ed ha invitato il Congresso U.S.A. a ratificare quest'accordo, e che porrà il veto presidenziale a qualsiasi legge contraria ad esso.

Israele, principale alleato dell'Occidente e degli Stati Uniti nel Medio Oriente e principale avversario dell'Iran, è rimasto altamente risentito alla notizia dell'intesa di Vienna, e per bocca dei suoi più alti rappresentati, tra cui il premier Benjamin Netanyahu, ha tuonato dicendo che farà di tutto affinché quest'accordo abbia vita breve.

Nonostante quello che viene propagandato a ciclo continuo su telegiornali, giornali: su tutto il mainstream dell'Occidente. L'accordo che si è profilato nelle scorse ore, è tutto tranne che una vittoria del "campo Occidentale". Questo insieme alla recente ripresa dei rapporti con Cuba, segnano un dato dalla chiarezza trasparente: gli Stati Uniti d'America stanno arretrando!
Anni di una pressante politica internazionale di tipo muscolare contro i "nemici dell'America" non sono serviti a molto. Anzi hanno prodotto un risultato contrario alle aspettative della Casa Bianca, e per molti versi quasi forieri di vergogna per il suo ben consolidato "orgoglio a stelle e strisce".

L'accordo con l'Iran è uno specchio della nuova questione geopolitica che sta investendo il mondo. Gli Americani non possono più dare per scontato di essere "i padroni indiscussi". Non è più il 1989. Non c'è più un blocco Occidentale vincente e disposto all'unipolarismo ed un blocco Sovietico perdente ormai inerme difronte alla sua disgregazione territoriale. Quei "venticinque anni fa" sono storia. Ed oggi "la storia" sta assumendo nuove prospettive. C'è la Cina che sta spingendo a ritmo di locomotiva il suo prossimo primato di potenza mondiale; c'è la Russia che indipendentemente dagli spari di proiettile difronte il suo portene di casa, da dopo il crollo del "Muro di Berlino" sta tornando anche essa prepotentemente ai vertici mondiali. E Cina e Russia sono le anime forgianti della sempre più florida alleanza dei principali paesi, se non anti, oltre-occidentali che si radunano nei "BRICS".

Quello che è avvenuto ieri è la riconferma di una presa di coscienza degli U.S.A. del mutato clima internazionale. "Clima" che sicuramene nel profondo avversano, a cui faranno di tutto per poter invertire, ma che comunque non possono fare a meno di prendere in considerazione.

L'Iran, come Cuba, guadagna una sua vittoria contro il "gigante" dell'oltre Atlantico. Da Paese avversato sotto qualsiasi aspetto, contrastato con mezzi mediatici, culturali, politici e militari, si è oggi posto nella condizione di diventare "interlocutore" dell'Occidente e dell'America. Sia sul campo economico con questo storico accordo, sia su quello politico, sia su quello militare visto che dell'Iran non si può fare a meno per combattere l'I.S.I.S. Le milizie dell'esercito della Repubblica Islamica dell'Iran sono tra le principale forze di opposizione all'avanzata dei "salafiti islamici". Con buona pace dei "valorosi" combattenti Curdi tanto esaltati sulle televisioni europee e americane, ma che in realtà sono ben poca cosa in confronto del vero impegno messo in campo dall'Iran o dalla Sira, insomma da Nazioni che fino all'altro giorno venivano additate come "Asse del male".

E in tutto questo, gli Stati Uniti d'America hanno reso un po' più solo il suo principale avamposto nel Vicino e Medio Oriente: Israele. Esso, come detto, risentito profondamente di questo cedimento nei confronti di Teheran. Ma come è già stato espresso, non è più scontato che l'Occidente e gli U.S.A. in primis, siano i "padroni indiscussi", e forse un giorno non sarà più un tabù affermare ciò che è invece scontato. Ovvero che i problemi, gli irrimediabili spargimenti di sangue che non hanno mai fine in quella parte del pianeta, hanno queste ragioni: la strategia del caos, il potere dei gruppi di pressione sionisti  ed il veto d'Israele a non far riconoscere lo Stato della Palestina.                                                                                                                                                                             

Ma comunque, al momento si pensi al presente: nelle strade di Teheran si festeggia!                                                                                                                                                                                 

Federico Pulcinelli - Agenzia Stampa Italia

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