(ASI) L’Europa, e il mondo intero, vivono con il fiato sospeso le ore che li separano da mercoledì 11 febbraio. Sarà quella infatti la data in cui si svolgeranno i nuovi colloqui di pace per cercare di mediare un cessate il fuoco in Ucraina prima che il conflitto rischi di allargarsi al vecchio continente.
I precedenti colloqui a tre tra Angela Merkel, Francoise Hollande e Vladimir Putin, svoltisi venerdì scorso, non avevano infatti portato a nessun risultato concreto, tanto da spingere la cancelliera Merkel, vera regista dell’operazione, a dichiarare che era stato fatto ciò che era umanamente possibile, che non ci si potevano aspettare miracoli ma che comunque si era trattato di una costruttiva prova di dialogo. Dello stesso avviso anche il presidente francese Hollande che aveva però aggiunto l’invettiva “senza un accordo tra le parti sarà certamente la guerra e la Francia è pronta”. Dal canto suo il presidente russo Vladimir Putin, aveva fatto sapere che si era trattato solo di una prova di dialogo date le incolmabili distanze tra le parti, e aveva avvertito che l’esito finale non era affatto scontato. I tre leaders hanno poi avuto nella giornata di ieri, un colloquio telefonico a cui si è aggiunto anche il presidente ucraino Poroshenko. Nel corso di detto colloquio a quattro, si è concordato di stabilire per mercoledì prossimo un incontro a Minsk, capitale della Bielorussia e stessa location di precedenti accordi poi falliti, per tentare di risolvere la questione prima che vi siano ulteriori escalation nel conflitto.
La volontà comune di agire prima che la situazione degeneri ulteriormente, sembrerebbe essere un nemmeno tanto velato riferimento alle prese di posizione degli Stati Uniti che, nei giorni scorsi, avevano dichiarato di essere pronti a inviare armi e soldati a sostegno di Kiev anche contro il parere di buona parte dell’Europa, Germania compresa. In un simile scenario, di diretto coinvolgimento statunitense nel conflitto, le conseguenze, aveva avvertito Putin, potrebbero essere “imprevedibili e certamente minerebbero seriamente una soluzione politica alla crisi ucraina”.
Al prossimo incontro di Minsk, Putin ha confermato la propria partecipazione solo a condizione del rispetto di alcune garanzie. Tra queste la definizione della linea del fronte dopo l’avanzamento dei ribelli filo – russi, l’arretramento di tutti gli armamenti pesanti da detta linea e il controllo della tregua nei territori e soprattutto al confine russo – ucraino. In particolare gli accordi su quest’ultimo punto sarebbero al centro dell’interesse delle diplomazie occidentali poiché il passaggio di truppe e mezzi militari russi è stato fin dall’inizio uno dei principali motivi di contesa tra le due parti. Grande ottimismo è stato espresso oggi dal presidente ucraino Poroshenko che ha asserito ci sarebbero stati grandi progressi nei colloqui telefonici a quattro e che ci sono buone possibilità che nei colloqui di Minsk di mercoledì prossimo si giunga presto ad un cessate il fuoco incondizionato. In verità la situazione è tutt’altro che definita. Oggi a Berlino è in corso una riunione dei vice ministri degli esteri di Russia, Ucraine, Francia e Germania, per discutere sui punti più critici che ancora rischiano di far saltare i colloqui di mercoledì. Mentre domani si terrà un vertice tra la Russia, i rappresentanti dell’OCSE e quelli dei separatisti filo russi per definire “le condizioni e i temi sostanziali” che saranno discussi durante il vertice di Minsk.
E l’Italia? Si tratta della vittima più eccellente di una realtà ove l’Unione Europea esiste solo quanto si tratta di debiti con le banche, Spread ed accordi economici e commerciali favorevoli solo ai soliti noti. La carica di “Alto rappresentate per la politica estera” ricoperta dalla nostra Federica Mogherini si dimostra ancora una volta priva di qualsiasi peso che non sia puramente pro-forma (e neanche sempre) o funzionale alla propaganda targata Matteo Renzi. Lady Pesc, nel tentativo di minimizzare il fatto che la Germania assieme al fido scudiero francese abbiano di fatto scavalcato tutti i “partners” europei, ha dichiarato che sarebbe stata informata troppo tardi per poter partecipare ai colloqui a tre ma che comunque si starebbe tenendo in costante contatto con Berlino per seguire passo passo lo svolgersi degli eventi. Ma i problemi per l’Italia non finiscono qui. Infatti è quasi certo che in caso in caso di fallimento dei colloqui di Minsk, si assisterebbe a un ulteriore stretta nelle sanzioni economiche alla Russia. Il nostro paese, che ha già avuto un danno di oltre 40 miliardi di euro dalla riduzione dei commerci con la Russia, non vorrebbe infatti, a detta del ministro Paolo Gentiloni, avallare ulteriori sanzioni. Però in caso della proposta di nuove sanzioni, non solo l’Italia sarebbe tenuta a dimostrare correttezza nei confronti dei “partners” europei votando a favore, ma secondo Gentiloni, anche nel caso di un coinvolgimento diretto degli Usa nel conflitto ucraino, per lo stesso principio di “rispetto” degli accordi con il partner leader della NATO, l’Italia avrebbe offerto già da ora la sua disponibilità a sostenere con tutti i mezzi le iniziative americane.
Cenusa Alexandru Rares - Agenzia Stampa Italia