(ASI) Il progetto sul quale è costruita una macchina è ciò che definisce il modo in cui essa funzionerà e la sua durata di vita. Intorno a noi vediamo quotidianamente apparecchi, congegni, meccanismi d'ogni tipo che funzionano e vivranno ognuno secondo quanto dettato dal proprio progetto. Il nostro amato Paese deve al suo progetto, alla Costituzione, il modo in cui esso ha funzionato finora, funzionerà in futuro e la durata di vita che ancora gli compete.
Oggi assistiamo a continue contrapposizioni politiche e vediamo gli uni scagliarsi contro gli altri, come se del triste andamento delle cose fosse responsabile l'una o l'altra parte. Certamente ogni umano possiede la facoltà di comprendere e di ergersi oltre i propri limiti. Ma di certo la nostra Costituzione, pur scritta con le migliori intenzioni, ha delle magagne progettuali che hanno decretato i problemi vissuto finora, presenti e futuri.
A meno che non la si raffini, partendo non dalle successive cavillose specificazioni bensì dalle prime due frasi del suo Articolo 1: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Si tratta di frasi confuse con evidenti limiti. Riformulando più correttamente i concetti richiamati, quindi pure completandoli, dovremmo dir qualcosa come: "l'Italia è un Paese democratico: dotato di una Res Publica. Esso gode anche di una Res Privata. La Res Publica è di tutti e tutti con ordine possono parteciparvi, secondo competenze professionali e desideri propri. La Res Privata, fin tanto che non faccia del male a nulla e nessuno, va rispettata. L'Italia si alimenta col lavoro e si dirige dando ascolto alle percezioni e sensibilità di ognuno, raccolte e sviluppate nei modi e tempi specificati in questa Costituzione".
La Costituzione in vigore attribuisce, sì, una (non precisata) sovranità al popolo ma non apre le porte della Res Publica ai cittadini, chiarendo che essi non possono che alternarvisi a tempo determinato. E' una manchevolezza d'enorme portata che, non specificando in cosa consiste la Democrazia (comproprietà della Res Publica), lasciò lo Stato nelle mani della aristocrazia statale, non apportando modifiche allo Stato monarchico. E' da questa magagna che è poi scaturita quella società aggressiva, avida, predatoria, escludente e monopolizzatrice. Questi vizi capitali si originano in uno Stato che doveva divenire Res Publica ed invece rimase Cosa Loro: degli assunti a vita in impieghi che devono invece essere pubblici, periodicamente restituiti al Popolo Sovrano.
Dallo Stato, questo DNA malefico si diparte e poi spande capillarmente per ogni dove nella società, dando la stura a corruzioni e crimini d'ogni genere, a mafie, inquinamento ... a tutto un marasma di pessime espressioni umane che si verificano semplicemente in conseguenza di una "Repubblica" non chiarita nella Costituzione e di conseguenza rimasta Stato tiranno. Con tutte le accezioni retrograde e sperequazioni tipiche dell'epoca remota in cui esso comparve.
Lo stesso degrado umano, che oggi ognuno patisce e pure verifica con la primordiale sensibilità rimastaci, deriva da una Costituzione che, causa forza maggiore, centrò il Paese sul lavoro (innanzitutto di ricostruzione dopo la guerra) ma non fornì una pari valenza alla meditazione, alla riflessione, allo studio, limitandosi a lasciare uno spazio secondario alla cultura. Che è stata tra le prime vittime di ogni vizio capitale dipartitosi dallo Stato.
Può anche avvenire che altri non s'aggiungano allo scrivente a sostenere quanto sopra, che la Res Publica non torni mai ai suoi legittimi proprietari: i cittadini, può succedere che le cose non s'aggiustino. E così la vita del nostro Paese, come siamo abituati a vederlo, non potrà che accorciarsi terribilmente. Ma mai si pensi che questo abominio di società (nonché di mondo) derivi da esseri umani impossibilitati a buoni comportamenti, incapaci di sensibilizzarsi ad etiche e morali ben più elevate delle loro attuali. Se gli Stati ci ingannano e tradiscono (perchè questo stanno facendo da oltre settant'anni, non solo in Italia ma in qualsiasi Paese) è chiaro che i più deboli si lasceranno influenzare da coloro che questo Stato, avidamente, insaziabilmente, se lo sono preso a vita, foss'anche legalmente ma di certo indebitamente. Su di una nave nella tempesta un buon capitano, coraggioso, irreprensibile, potrà chiedere ai suoi marinai ogni sacrificio. E la nave giungerà salva in porto. Ma se quel capitano si comporterà male, se si prenderà gioco della ciurma, approfittando della sua posizione di potere, anche i marinai faranno del loro peggio ... e la nave non tarderà ad andare a picco.
Chi volesse dunque provare ad essere migliore, chi non volesse farsi ingoiare dai flutti di una esistenza che così continuando non potrà che peggiorare, s'impegni a capire che questo non è il tempo di fare politica: di tifare per questa o per quella compagine legislativa. Urge invece darci tutti da fare affinché l'Italia (per giunta ancora una volta risulteremmo all'avanguardia sulla Terra!) divenga una vera Repubblica, un Paese realmente democratico. Che al posto di una bandiera punteggiata di vizi capitali ne inalberi un'altra costellata di virtù in gran quantità. Perché il DNA di un popolo è tutto lì!
Alla fine della guerra non vi fu tempo per filosofare. Ma gli scorsi sette decenni proprio a questo dovevano servire. Se non l'abbiamo fatto finora passi, ma ora riscriviamo la Costituzione. Con un disegno di società fondato sulle migliori qualità umane, i cittadini non potranno che divenirne grandi campioni.
Ma, nel riscrivere la Costituzione, partiamo dalla A, non dalla zeta.
Danilo D'Antonio
Monti del Terremoto
Abruzzo, Centro Italia
Civilmente, legalmente, pacificamente,
facciamo evolvere l'intero Pianeta!
Stati democratici: aperti e partecipati.