(ASI) Bisogna sintetizzare e comprendere l'iter processuale della vicenda dell'omicidio di Meredith. Il processo non è fatto per l'uomo della strada (tra cui il giornalista si situa in un livello non alto), ma è fatto per gli esperti, cioè per i giuristi.

Ci sono state le indagini,non particolarmente lunghe in cui si sono repertati e analizzati tutti gli elementi rilevanti ai fini del processo: tracce biologiche, impronte, tabulati telefonici per localizzare le chiamate, accertamenti medico legali sul cadavere). La parte tecnica è stata svolta dagli uomini dei vari settori della Divisione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato). E' intervenuta l'elite della Polizia Scientifica, cioè non solo quella locale, ma, soprattutto, quella nazionale, direttamente inquadrata nel Dipartimento di PS del Ministero dell'Interno. Questi erano diretti dal Vice Questore Edgardo Giobbi, dello SCO (Servizio Centrale Anticrimine del Viminale). Per l'attività ordinaria di Polizia giudiziaria ha operato la Squadra Mobile di Perugia, diretta dal Dr. Giacinto Profazio.

Tutti hanno operato sotto il coordinamento generale del pubblico ministero di turno, il sostituto procuratore Dr. Mignini che rispondeva al Procuratore capo Dr. Nicola Miriano.

Durante le indagini, tutti questi accertamenti, di natura urgente e irripetibile, sono stati svolti nel contraddittorio con le difese e i loro Consulenti che non hanno obbiettato alcunché. Avrebbero potuto chiedere che si procedesse con incidente probatorio e allora il PM avrebbe chiesto la nomina di un perito, come è stato fatto per altre problematiche, non ultime quelle medico-legali. Sono stati poi sentiti numerosissimi testi.

Alla fine delle indagini è stato mandato agli indagati l'avviso previsto dall'art. 415 c.p.p. che concede agli indagati di svolgere attività difensive e di chiedere atti di indagine, tra cui quello di essere interrogati; ma gli indagati non hanno fatto nulla.

E' stato chiesto allora il rinvio a giudizio, ed è iniziata l'udienza preliminare. In quella sede, Rudi ha chiesto il giudizio abbreviato e la sua posizione si è separata da quella degli altri. E' stato condannato (poi definitivamente condannato), mentre gli altri due sono stati rinviati a giudizio.

Il processo di primo grado si è svolto davanti alla Corte d'Assise di Perugia, composta da magistrati molto esperti nel settore penale e da giudici popolari, tra cui un avvocato penalista. Sono stati interrogati tantissimi testimoni, e il processo di primo grado (con udienze settimanali) è durato un anno. La Corte ha condannato i due.

In appello, la composizione della Corte d'Assise d'Appello ha subìto strane modifiche, con esclusione del Presidente della Sezione penale e la presenza, come giudici togati, di due magistrati senza esperienza penale e presi dal settore previdenziale e civile.

La Corte d'Assise d'Appello ha ritenuto in pratica di rifare il processo (cosa questa molto strana e inusuale, perché l'appello è un processo che si svolge sulle carte) e ha ritenuto di nominare due periti – uno privo di preparazione in materia biologica e di genetica forense, perché medico aerospaziale, l'altra proveniente dalla Sapienza, ma con un passato di continui conflitti con la Polizia Scientifica. 

I due si sono avvalsi dell'apporto di genetisti americani, tutti facenti parte di una lobby pro Amanda (perché americana...). 

I periti hanno ignorato i documenti comprovanti l'esito negativo (cioè l'assenza di contaminazione) degli accertamenti sul famoso coltello e sul gancetto di reggiseno della vittima, nonostante fossero stati loro mostrati dai PM.

Sulla scorta di tali risultanze, i due sono stati assolti, ma Amanda è stata definitivamente condannata per la calunnia in danno di Lumumba. 

La Procura Generale ha impugnato con successo la sentenza e la Corte di Cassazione (I Sezione) ha radicalmente e definitivamente annullato l'assoluzione, criticando aspramente gli errori dei periti e rinviando, per la decisione del merito, alla Corte d'Assise d'Appello più vicina, quella di Firenze, che ha confermato la condanna di primo grado.

Contro questa sentenza, gli imputati non avrebbero potuto più proporre appello sulle questioni già decise dalla Cassazione ma solo su questioni nuove e residuate e, invece, lo hanno fatto.

Inaspettatamente la Corte di Cassazione, in diversa Sezione (la V), ha fatto un inammissibile processo di merito: ha contestato (e non poteva farlo) la decisione della prima e se l'è presa un po' con tutti (dalla Polizia Scientifica alla stampa e a Rudi). Di fatto, pur collocando Amanda e Sollecito nel luogo del delitto, mentre Rudi – non da solo – uccideva Meredith (invece loro hanno sempre sostenuto di essersi trovati nella casa di Sollecito); pur avendo sottolineato l'esistenza di fortissimi sospetti a carico dei due, ha concluso che questi non erano sufficienti. Così, sebbene non potesse farlo (perché la Cassazione non può  assolvere né condannare), li ha assolti nel dubbio ed ha annullato senza rinvio il processo, evitando al Governo italiano l'”ingrato” compito di chiedere l'estradizione di Amanda agli "alleati" statunitensi, di cui siamo in pratica i sudditi. Alla luce delle considerazioni fatte sull'iter processuale dell'omicidio di Meredith, può sorgere il ragionevole dubbio che da Oltreoceano ripetutamente siano state esercitate vergognose pressioni per giungere a questo risultato e che il caso giudiziario... non sia come gli altri...

Luigi Rossi

 

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