(ASI) Esattamente alle 8,15 di settant’anni fa, il 6 agosto 1945, l'Aeronautica militare USA colpì la città giapponese di Hiroshima con la bomba atomica "Little Boy", sganciata dal bombardiere "Enola gay".
La scontata replica e le già appurate abnormemente gravi conseguenze seguirono tre giorni dopo, il 9 agosto, con il lancio dell'ordigno "Fat Man" sulla città di Nagasaki. Il numero di vittime dirette, quasi esclusivamente civili, è stato stimato in ca. 200 000, in quanto la gravità delle devastazioni causate dagli ordigni fu tale da rendere impossibile un censimento capillare dei decessi, senza contare i danni indiretti causati dalle radiazioni, la cui "eredità" sulle nascite è giunta fino ai nostri giorni... Circa il ruolo dei bombardamenti nella resa dell'Impero nipponico, peraltro ormai prossima, prevale, per gli americani, la tesi secondo cui i bombardamenti atomici sarebbero serviti ad accorciare tale processo di resa e quindi la seconda guerra mondiale di parecchi mesi, risparmiando vite umane nei combattimenti di terra e d'aria per la prevista invasione del territorio giapponese. Ragionamento ineccepibile per i “liberatori”: causare centinaia di migliaia di inermi vittime civili, per evitarne molte di meno fra le proprie forze militari. Fu, piuttosto, solo un mero pretesto per effettuare una dimostrazione di potenza nei confronti di quello che si profilava come il nuovo potenziale nemico, ovvero l'URSS che si accingeva ad invadere l'arcipelago giapponese proprio in quei giorni, e quale occasione irripetibile per i test con le due tipologie di bomba prodotte in un vero scenario bellico. Pur essendo considerati i due attacchi atomici sul Giappone i crimini di guerra più atroci e significativi dell'intera storia dell'umanità, per l'utilizzo di un'arma di distruzione di massa, per i danni diretti e indiretti, protrattisi per diverse generazioni, i responsabili di tali atti efferati, con il Presidente americano Harry S. Truman in testa, non sono mai stati processati per tali misfatti, oltretutto perpetrati nei confronti di una nazione oramai in ginocchio e vicina alla resa: «Il mondo sappia che la prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una base militare. Abbiamo vinto la gara per la scoperta dell'atomica contro i tedeschi. L'abbiamo usata per abbreviare l'agonia della guerra, per risparmiare la vita di migliaia e migliaia di giovani americani, e continueremo a usarla sino alla completa distruzione del potenziale bellico giapponese (H.S. Truman)». A partire dal Presidente Thomas Woodrow Wilson in poi, già prima della Grande Guerra 1914-‘18, il progetto di espansione economica degli USA non disdegna a utilizzare indiscriminatamente la forza e promuovere guerre di “liberazione”, insieme ai suoi complici, per esportare “democrazia” e “libero mercato”, contro “regimi totalitari” responsabili di presunti genocidi o possessori di armi di distruzione di massa, basti pensare a Iraq, Serbia, Afganistan, Iran, Libia, Siria e Ucraina (per non parlare delle distruzioni e dei genocidi in tutta Europa nel 1943-’45, delle guerre in Corea e in Vietnam, dei colpi di stato appoggiati e finanziati nell’America centro-meridionale e in Africa, a Cuba, in Cile, in Iraq, in Congo). Dove non intervengono direttamente le stelle e strisce, ci pensano i loro alleati, come avvenuto in Palestina ad opera dei “fratelli maggiori” israeliani, con città rase al suolo e migliaia di vittime civili. Non è molto chiaro, infine, il ruolo giocato dai servizi USA, preoccupati di supportare l’opposizione al legittimo governo (ma non “allineato”…) del Presidente Bashar al-Assad in Siria, nella inquietante vicenda dei jihadisti del Califfato Islamico dell'Isis, bensì è chiaro che gli armamenti e loro indotto rendono molto più di aiuti caritatevoli in viveri, medicinali e strutture sanitarie verso popoli che aspirano alla propria indipendenza e prosperità, ma soprattutto che i tribunali di guerra e la ricostruzione spettano ai vincitori...
6 agosto 2015 Roberto Bevilacqua
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