La Siria sembra non trovare più spazio e titoli sulle prime pagine dei giornali. Le sue vicende, il sangue che continua a scorrere nel Paese, non fanno più notizia. Arrivano echi solo quando filtrano informazioni riguardanti la sorte di alcuni rapiti, come nel caso del giornalista italiano Domenico Quirico, inviato del quotidiano “La Stampa”, scomparso in Siria dal 9 aprile o più recentemente del padre gesuita, Paolo Dall’Oglio. Ma la piaga dei rapimenti in Siria è aperta e profonda e ne ha fatto le spese anche moltissima gente comune. Tra loro gli arcivescovi siro-ortodosso e greco-ortodosso di Aleppo, Yohanna Ibrahim e Paul Yazigi, rapiti in Siria lo scorso aprile. I due sarebbero vivi e tenuti prigionieri in territorio turco, secondo quanto riferito dal sito d’informazione al-Alam che riporta fonti locali di Aleppo che, a loro volta, citano fonti diplomatiche britanniche. La notizia, tuttavia, non trova conferme nella città siriana, come spiega al Sir monsignor Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo melkita di Aleppo. “Abbiamo sentito queste voci, le abbiamo lette in alcuni blog e social network, ma non abbiamo certezze a riguardo e soprattutto conferme di nessun genere. E lo stesso vale per il padre gesuita Paolo dall’Oglio”.
Ad Aleppo, come in altre città segnate dai combattimenti, intanto, la vita va avanti tra mille difficoltà. Ai problemi della sicurezza si sommano quelli provocati dalla crisi economica e sociale: “Qui ad Aleppo la situazione sembra tranquilla. La popolazione deve fare, però, i conti con l’aumento dei prezzi, la mancanza di lavoro, ma i prodotti si trovano. Il Governo sta sostenendo la distribuzione del pane e di altri alimenti e combustibili. La situazione è migliore di venti giorni fa. Fuori città, invece, proseguono i combattimenti e non sappiamo cosa ci aspetta per il futuro”.
Invasione straniera. Un futuro che appare sempre più nelle mani della diplomazia internazionale e sempre meno in quelle dei siriani. “Sono certo - dice l’arcivescovo melkita - che se le sorti del nostro Paese fossero nelle mani dei siriani oggi avremmo già raggiunto la pace. Purtroppo i ribelli sono in larga maggioranza stranieri, sono mercenari e jihadisti al soldo di Paesi arabi e anche occidentali. Nella sua storia la Siria ha subìto tante invasioni, ma nessuna di queste ha mai fatto danni così gravi come quella che stiamo subendo in questi ultimi due anni. Truppe straniere stanno distruggendo la Siria”.
La Santa Sede all’Onu. Non può esserci soluzione militare in Siria, urge avviare negoziati Solo la pace ci rende tutti vincitoriAgenzia Fides - 25/7/2013
New York – Abbandonare gli indugi, escludere ogni opzione militare, avviare immediatamente un negoziato: è quanto ha chiesto per la Siria Mons. Francis A. Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu, nel corso del dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente.
Il Nunzio Apostolico ha deplorato il “persistente rifiuto” delle fazioni belligeranti in Siria a negoziare la fine della guerra civile del paese, che dura ormai da 28 mesi, invitando la comunità internazionale ad agire in fretta per fermare il conflitto.
“Non ci può essere alcuna soluzione militare al conflitto siriano”, ha rimarcato nel suo discorso, pervenuto all’Agenzia Fides. “Indipendentemente da questo – ha denunciato con chiarezza il Nunzio – le parti in conflitto manifestano la determinazione, con totale impunità, a spargere ancora più sangue, a fornire ancora più armi e a distruggere altre vite”, prima di accettare dei negoziati.
Mons. Chullikatt ha accusato “le influenze esterne e i gruppi estremisti” che intendono continuare una guerra devastante. E il coinvolgimento di attori estranei al paese, ha detto, è visto come “una opportunità per profitti politici o ideologici, piuttosto che come un disastro terribile che sta inghiottendo la Siria”. “La guerra – ha ribadito – non può mai più essere considerata un mezzo per risolvere i conflitti. Eppure la guerra, quando si verifica, si può vincere solo attraverso la pace; e la pace si vince attraverso i negoziati, il dialogo e la riconciliazione” .
Ricordato il grave bilancio della vittime che si avvicina ai 100mila morti, dall’inizio delle ostilità, l’Arcivescovo ha ricordato “la difficile situazione dei rifugiati siriani”, nel paese e in altre nazioni confinanti: circa 6,8 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Esprimendo la sollecitudine della Santa Sede per i cristiani della Siria, che “affrontano sfide per la loro sopravvivenza”, Mons. Chullikatt ha citato l’omicidio di p. Padre Francois Murad, i sequestri di altri cristiani, tra cui vescovi e sacerdoti, e la distruzione di oltre 60 chiese e istituti cristiani.
L’intervento si è concluso invitando tutti a “desistere dall’ostacolare una soluzione negoziata”.
“La pace in Siria ci rende tutti vincitori”, ha ricordato.